Doveva essere l’opera capace di tenere in piedi la stazione sciistica di Lizzola. Ma la centrale a biomasse dei Dossi non ha mai visto la luce. I lavori, iniziati nel 2013, si sono presto interrotti a causa delle vicende che hanno coinvolto Sviluppo turistico Lizzola (Stl), la società degli impianti fallita un anno dopo. Ora l’Amministrazione comunale di Valbondione chiede che tutto torni come prima.
Il progetto era di Stl. Un intervento da oltre 7 milioni di euro. Nelle previsioni, gli introiti derivanti dalla vendita dell’energia elettrica e dell’acqua calda grazie al teleriscaldamento avrebbero dovuto assicurare il mantenimento degli impianti da sci. Era stato costruito anche lo scheletro della struttura. Poi lo stop, in coincidenza con l’avvio dell’inchiesta che ha coinvolto l’ex sindaco di Valbondione Benvenuto Morandi. Qui un servizio di Antenna2 che ricostruisce la vicenda nelle sue fasi iniziali:
Il cantiere è fermo da quasi tre anni. L’erba si sta già riprendendo parte dell’area. «A luglio sono scaduti i termini dell’autorizzazione alla costruzione dell’impianto e il curatore fallimentare di Stl non ha chiesto una proroga per poter procedere nei lavori», spiega il sindaco di Valbondione Sonia Simoncelli.
Il 3 novembre il Comune ha quindi inviato allo stesso curatore fallimentare il preavviso dell’ordinanza di ripristino del luogo. L’Amministrazione, di fatto, fa sapere di essere intenzionata a chiedere formalmente che tutto venga riportato alla situazione precedente l’inizio dei lavori. «Con il preavviso chiediamo conferma che non ci sia interesse a procedere con la costruzione della centrale – precisa la prima cittadina -. Inoltre, diamo la possibilità di avanzare una proposta di ripristino diversa dalla nostra. Il preavviso ha una scadenza di 15 giorni. Se non ci sarà una proposta alternativa, procederemo con l’ordinanza».
Il sindaco precisa che l’amministrazione è giunta a questa decisione perché «riteniamo che l’ingresso del paese debba essere restituito alla natura. Il ripristino dovrà riportare il sito nelle condizioni precedenti l’intervento. Questo non solo per quanto riguarda le opere edili realizzate, quindi i plinti di fondazione, i pilastri, il muro di sostegno a monte, ma anche rispetto al materiale di scavo collocato provvisoriamente in quel sito. Per l’estate prossima dovremo avere di nuovo l’ingresso del paese com’era».
Da parte sua, il curatore fallimentare Osvaldo Esposito osserva: «Stiamo esaminando la richiesta con il legale del fallimento e il perito della procedura per tutti gli approfondimenti necessari». Secondo il curatore, però, «non è pensabile che si possa attuare un ripristino dei luoghi» nell’ambito di una procedura fallimentare.