Album of the week

LOS CRASHER – Game Face

Ogni tanto mi viene qualche dubbio sull’utilità del concetto di globalizzazione, non fosse altro perchè lo vedo come una scusa per giustificare delle mancanze dei nostri cari governanti, ma detto questo è innegabile che altre volte ha indubbiamente dei benefici. In questo caso specifico, parlando nel nostro spazio di musica e non di politica, credo che difficilmente avrei potuto scoprire ed apprezzare una band come i Los Crasher se il mondo non fosse diventato molto più piccolo grazie all’uso della tecnologia.

Alzi la mano infatti chi avrebbe anche solo potuto immaginare che uno dei dischi più freschi e divertenti di questo 2017 potesse arrivare dalla Cina, e non dagli States, dai paesi nordici o dalla Gran Bretagna…giusto per fare qualche esempio. Kubin alla voce, Junky e Cai Ning alle chitarre, Gongjin al basso e Liu Long alla batteria hanno confezionato 60 minuti di puro godimento per chi ama le classiche sonorità sleaze rock’n’roll, riportandomi indietro di una trentina d’anni. Anche l’immagine della band stessa ci riporta ai fasti dei tempi che furono, quando le band del Sunset Strip losangelino dettavano legge anche da questo punto di vista. Intendiamoci, i Los Crasher non inventano nulla di nuovo e molto difficilmente saranno “the next big thing”, ma hanno davvero tutto per piacere a chi apprezza questo tipo di sonorità. Dall’apertura di “Tricky Boys Back in Town” ( tra Faster Pussycat e Pretty Boy Floyd ) a “Game Face” che profuma di Guns n’ Roses, da una “Lady Lucy” che ci ricorda la decadenza dei Vain al rock’n’roll con tanto di armonica di “Trash Crash Rock’n’Roll” è un tutto un susseguirsi di tasselli che compongono un puzzle di indubbio valore. Impossibile non farsi catturare dalle atmosfere scanzonate di un brano come “Summer Call” che ha nei Poison la sua ispirazione, o dalla arrembante “Sucker Blues”, in cui gli echi dei Guns’n Roses di “Use Your Illusion” sono tangibili, come peraltro in “No One Can Save Me”. E se “Lone Ranger” è una semi-ballata in cui è possibile apprezzare il lavoro in fase solista di Junky, la conclusiva “Times Have Changed” percorre ancora le strade battute in passato da Axl Rose e compagnia. Insomma, i Los Crasher non hanno paura di mostrare le proprie influenze che affondano saldamente le radici tra i vicoli della Los Angeles di qualche decennio orsono, e a me questo piace….

 

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