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I coniugi gandinesi che persero il figlio soldato e salvarono gli ebrei

Oltre quattromila soldati italiani persero la vita nel naufragio del piroscafo Oria. Domani sera (giovedì 21 febbraio) a Gandino una serata organizzata dalla Commissione Cultura del Comune ricorderà questa tragedia per tanti anni dimenticata.

Partito da Rodi nel tardo pomeriggio dell’11 febbraio con un carico di circa 4200 internati militari italiani che avevano rifiutato la collaborazione coi nazifascisti dopo l’8 settembre 1943, l’Oria fu colto da una tempesta violentissima e si schiantò la sera successiva in prossimità di Capo Sounion, 25 miglia a sud di Atene. Dei 4200, stivati in condizioni inumane e già debilitati da mesi di prigionia, sopravvissero non più di una ventina.

Nonostante fosse il più grande naufragio militare del Mediterraneo, le circostanze non furono mai rese note alle famiglie. Solo dal 2007, grazie ad una rete spontanea nata sul web, i parenti hanno iniziato a ricostruire la vicenda e oggi sanno dove riposano i loro cari.

«Dal 2007 – spiega Michele Ghirardelli, fra i primi familiari ad impegnarsi nel lavoro di ricerca – la ricostruzione della memoria ha portato notevoli risultati, tanto che circa 350 volti dei Dispersi sono pubblicati sul sito web della Rete dei Familiari (www.piroscafooria.it). Nel 2014, a 70 anni dalla tragedia, è stato inaugurato un monumento a Charakas, sulla spiaggia di fronte al luogo del naufragio, opera dello scultore Thimios Panourgias. Qui nel 2017 il Presidente Mattarella ha portato il suo omaggio. In fondo al mare, sempre nel 2014, fra i rottami del relitto, è stata posata una lapide in italiano e greco».  

Lo scorso 10 febbraio 2019, in occasione della cerimonia ufficiale di commemorazione in Grecia a 75 anni dal naufragio, anche il presidente ellenico Prokopios Pavlopoulos ha reso omaggio ai caduti italiani. In Italia strade e piazze sono state dedicate ai dispersi. Pezzi teatrali, progetti culturali, pubblicazioni, articoli, programmi televisivi, un documentario e molte altre iniziative hanno trattato la storia.

Fra queste anche il libro “La storia del Piroscafo Oria”, realizzato da Luciano Quagliati di Brusaporto, che verrà presentato a Gandino. Si tratta di un volume di circa 140 pagine dedicato in particolare alle storie delle decine di Bergamaschi che si trovavano a bordo dell’Oria, narrate negli ultimi anni da un’approfondita indagine portata avanti dal giornalista gandinese Giambattista Gherardi, che condurrà la serata.

In rilievo la storia del caduto Francesco Bellini di Fino del Monte (la cui gavetta ripescata nell’Egeo è tornata negli ultimi anni in Val Seriana) e del gandinese Antonio Nodari. Grazie alla verifica di archivi e documenti d’epoca da parte di Antonio Caprio (pensionato di Pistoia) si è stabilito che Nodari (internato dai Tedeschi in Grecia dopo l’Armistizio dell’8 settembre 1943) era a bordo dell’Oria.

Nato il 20 novembre del 1911 a Gandino, figlio di Maria Chiara Carnazzi e Giuseppe Nodari, era rimasto orfano di padre all’età di 4 anni e mamma Maria Chiara sposò in seconde nozze, nel 1929, Francesco Lorenzo (fratello del defunto marito Giuseppe) che da zio divenne anche patrigno di Antonio. Il giovane soldato gandinese partì giovanissimo, come tanti, per il fronte, lasciando la famiglia che viveva in località Prat Serval.

All tragedia della guerra i coniugi Nodari sacrificarono non soltanto la vita di un figlio, ma anche il rischio di ospitare in casa propria una famiglia di Ebrei. Maria Chiara Carnazzi e Francesco Lorenzo Servalli diedero infatti rifugio a Mariem Loewi con i figli Marina e Siegbert, profughi dal Belgio. Per il loro coraggio, nel novembre 2005, ricevettero dallo Stato d’Israele (insieme ad altri quattro gandinesi) il titolo di “Giusti tra le Nazioni”.

La serata di domani si terrà a partire dalle 20,45 nella biblioteca di Gandino.

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