Li chiamano “migranti previdenziali”: sono quei pensionati (per quanto riguarda l’Italia, soprattutto i “baby boomers”, nati cioè negli anni 60) che scelgono di “spendere” la propria pensione in altri paesi, soprattutto al caldo, al mare o comunque in
località amene, caratterizzate da una pressione fiscale meno pesante di quella del paese d’origine. A Bergamo questa scelta ha coinvolto negli ultimi 10 anni più di 300 persone, e ha fatto uscire all’estero qualcosa come 40 milioni di euro.
“Pur essendo ancora un fenomeno di dimensioni piuttosto contenute, è lecito supporre che negli anni a venire aumenteranno sensibilmente i pensionati italiani all’estero e con essi le perdite per il bilancio pubblico e per l’economia nazionale – dice Caterina Delasa, segretaria generale dei Pensionati CISL di Bergamo. Per scongiurare tale circostanza e per arginare la fuga dei nostri connazionali occorre non solo rafforzare la capacità del nostro territorio di intercettare i flussi internazionali dei “migranti previdenziali”, ma anche prevedere adeguati sgravi fiscali, perché la pressione fiscale in Italia continua purtroppo ad essere molto alta”. In Italia, il fenomeno è relativamente recente perché tradizionalmente nel nostro paese gli anziani partecipano attivamente alla vita della famiglia allargata, svolgendo una funzione di sostegno per le generazioni più giovani.
L’ultima indagine condotta dalla società Ipsos (“I senior di oggi in Europa. Sentirsi utili per invecchiare bene”) segnala che in Italia il 40% di anziani aiuta economicamente i figli e il 35% si prende cura dei nipoti, contro una media europea rispettivamente pari a 24 e 28%. Tuttavia dal 2014 il trend degli “emigranti previdenziali” è in rapida crescita e sembra destinato ad aumentare.
La crescita riguarda anche Bergamo e sui dati INPS 2017 i pensionati orobici che risiedono all’estero erano 226; attualmente gli stati di maggior presenza italiana sono Spagna, Svizzera, Portogallo e Francia, anche se cominciano ad evidenziarsi altre mete scelte per motivazioni economiche, come anche climatiche e ambientali.
“L’impatto economico anche per la provincia di Bergamo comincia ad essere significativo – continua Delasa – e, considerando gli emigrati nei 4 stati dove si hanno più presenze, ammonta a circa 2,5 milioni di euro all’anno, più di 4 milioni guardando al dato complessivo”. Nel nostro paese, secondo le analisi compiute da FNP provinciale, i trasferimenti all’estero hanno riguardato dapprima soprattutto i pensionati con redditi medio-bassi, gran parte dei quali ha oggi più di 80 anni, e solo nel periodo più recente anche i pensionati con redditi medio-alti.
“Il fenomeno rappresenta oggi un costo sociale alto per il nostro paese innanzitutto perché la maggioranza sono pensionati ancora con pensioni basse, frutto generalmente di poca contribuzione effettiva, che di conseguenza beneficiano di prestazioni assistenziali quali integrazioni al minimo, quote aggiuntive e quattordicesima, senza che ci sia un ritorno sociale poiché vivono e spendono e pagano le tasse fuori dall’Italia. Questi trasferimenti avvengono naturalmente verso paesi in cui il costo della vita è più basso o comunque il fisco più leggero: si trasferisce la residenza fiscale ad esempio in uno Stato che abbia sottoscritto con l’Italia un accordo per evitare la doppia imposizione fiscale, ciò è possibile in ben 93 stati! Paesi come il Portogallo, fino a oggi, permettono ai pensionati italiani residenti di incassare l’assegno Inps lordo: questo significa che una pensione italiana da mille euro netti sale a 1.300”. Anche il Portogallo, in verità, sta cercando di cambiare sistema: in Finanziaria, infatti, entra un provvedimento che riduce i benefici per gli “emigrati”: aliquota del 10% e 7.500 euro di versamento minimo. Una condizione, però, ancora di favore rispetto al trattamento italiano.
Non per tutti i pensionati però è possibile ricevere l’assegno pensionistico detassato: i pensionati ex Inpdap residenti all’estero, sono costretti a pagare in alcuni casi addirittura una doppia tassazione, al contrario dei pensionati Inps, o comunque percepiscono la propria pensione al netto delle tasse versate in Italia, non versando nulla negli stati dove risiedono e vivono. Una disparità di trattamento quasi sempre presente, con poche eccezioni (Tunisia e Australia).
“Non è ammissibile che due pensionati cittadini italiani, ad esempio un ex operaio metalmeccanico ed un ex impiegato statale, che decidono di risiedere in Portogallo, si trovino a percepire la pensione al lordo il primo e la pensione al netto delle tasse pagate in Italia il secondo”.
“Un altro problema di cui tener conto, se si decide di svernare all’estero, riguarda la copertura sanitaria gratuita – conclude la segretaria FNP -, che si può ottenere con la residenza nei Paesi dell’Unione Europea attraverso una certificazione rilasciata dall’ultima Asl a cui si è stati iscritti, come, fuori dall’Ue, negli Stati che hanno siglato convenzioni con l’Italia; chi invece si trasferisce in Paesi esclusi da questi accordi può tornare in Italia e usufruire della sanità pubblica per un massimo di 90 giorni l’anno senza versare un euro di tasse”.