La Diocesi di Bergamo, nei giorni scorsi, ha festeggiato il suo patrono Sant’Alessandro. Una figura da riscoprire, soprattutto dopo mesi difficili per la nostra terra, perché la storia di questo martire e della devozione nei suoi confronti dicono molto del carattere di noi bergamaschi.
Di Sant’Alessandro abbiamo parlato in un appuntamento della nostra trasmissione Zero Pollici. Ci ha aiutato Roberto Alborghetti, giornalista e scrittore, autore del libro Sant’Alessandro, Martire e Patrono della terra di Bergamo (Editrice Velar), recentemente ripubblicato con la prefazione del vescovo di Bergamo Francesco Beschi. Si tratta di una vera e propria indagine storica, condotta come un’inchiesta giornalistica.
«Ho cercato di vagliare quello che da una parte è leggenda e quello che dall’altra è realtà storica – spiega Alborghetti -. E devo dire che la parte storica porta alla fine a confermare la parte tramandata dalla tradizione. Ed è questo che sorprende». Soprattutto se si tiene conto che Sant’Alessandro è una figura lontana nel tempo. Stiamo parlando di circa 1700 anni fa. «Soldato proveniente dal nord Egitto, vessillifero della legione tebea, costituita e massacrata dai romani», lo descrive Alborghetti.
Il libro racconta come quest’uomo arrivò e morì a Bergamo. Ma indaga anche sulla devozione che lo ha sempre accompagnato nella nostra terra. A questo proposito, il libro parte da un episodio del 1° agosto 1561, quando a Bergamo la folla sale sulle barricate contro la Repubblica di Venezia che vuole demolire l’antica cattedrale di Sant’Alessandro. Un episodio che dice molto del legame con il martire della legione tebea, un legame che ha forgiato il dna dei bergamaschi. «Ha influito sul carattere della nostra gente, sulla nostra storia e la nostra cultura. Penso che questo serva soprattutto in questo momento in cui veniamo da esperienze molto dolorose. Però non dobbiamo mai dimenticare che Sant’Alessandro è un simbolo di speranza e tenacia».
