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Elezioni europee, a Clusone tre candidati a confronto

Giovedì 30 maggio, alle 20.45, il periodico Araberara e l’Associazione culturale “Il Testimone” hanno organizzato un confronto tra candidati al Parlamento europeo per offrire alla cittadinanza un dibattito sul bivio, di fronte al quale si trovano i 27 Stati dell’Unione europea. Piero Bonicelli, direttore di Araberara, introdurrà la serata; Giovanni Cominelli, presidente del “Testimone” porrà tre domande ai tre candidati, che hanno accettato l’invito al confronto. Si tratta di Giorgio Gori del Partito democratico, Giovanni Malanchini della Lega e Marco Taradash di Stati Uniti d’Europa.

«L’invito era stato rivolto anche a candidati di Fratelli d’Italia e di Forza Italia, ma hanno declinato , essendo già impegnati in altri incontri», spiega il presidente dell’associazione. Del resto, la Circoscrizione elettorale del Nord-Ovest coinvolge la Lombardia, il Piemonte, la Liguria e la Valle d’Aosta. Non è facile per nessuno, nel giro di un mese, riuscire a toccare città, pianure e valli di oltre 17 milioni di abitanti.

Il confronto di Clusone offre l’opportunità di avvicinarsi più consapevolmente all’appuntamento elettorale. «Lo scenario delle elezioni europee 2024 è determinato dal fatto che si tratta di elezioni in tempo di guerra: una che si combatte ad Est dell’UE, scatenata da Putin contro l’Ucraina, una sul lato Sud-Est, lanciata da Hamas contro Israele – sottolinea Giovanni Cominelli -. Mario Draghi già un anno fa lo aveva descritto nei seguenti termini: ci siamo affidati agli Usa per la sicurezza, alla Russia per l’energia, alla Cina per i commerci. Questi tre pilastri si stanno sgretolando.  Per fermarci al primo: non è affatto sicuro che gli Usa vogliano continuare in quest’opera di supplenza nei confronti degli Europei. Trump ha già dichiarato che gli Europei si devono arrangiare e che, se vogliono stare nella Nato, paghino il dovuto. Non è solo questione di soldi. Da sempre l’attenzione geopolitica degli Usa è rivolta al Pacifico. Se non fosse stato per Pearl Harbour, gli Americani non sarebbero mai entrati nella Seconda guerra mondiale, non sarebbero corsi in aiuto dell’Europa. Questa volta il Pacifico non è il Giappone, ma la Cina. La quale è decisa ad annettersi Taiwan. La vuole non solo come rivendicazione patriottica, dai fondamenti storici piuttosto labili. La vuole, perché la sua occupazione consente ai Cinesi il controllo in uscita del Mar Giallo e l’affaccio aggressivo sul Mar delle Filippine. La posta in gioco è, dunque, l’intero Pacifico. Ne sono coinvolti immediatamente la Corea del Sud, il Giappone, l’Australia, la Nuova Zelanda. Così noi Europei siamo invitati a provvedere da soli alla nostra difesa contro l’imperialismo russo di ritorno, contro il terrorismo, contro l’islamismo fondamentalista».

«Mentre alcuni giganti (Usa, Cina, India, Russia) e medie potenze (Turchia, Iran, Nigeria, Brasile, Indonesia) competono, per ora pacificamente, per il proprio ruolo nell’arena mondiale, gli Stati europei sono dei nani che, per un verso, diventano oggetto della competizione mondiale e, per l’altro, competono principalmente tra di loro – prosegue Cominelli -. Il mondo sta camminando pericolosamente sull’orlo di una Terza guerra mondiale catastrofica e noi Europei ci aggiriamo come sonnambuli sui tetti. Piacerebbe a tutti vivere in un mondo pacifico. Quello di oggi non lo è. Il cammino verso la kantiana “pace perpetua” è ancora molto lungo e tormentato. Le prossime elezioni devono pertanto creare le condizioni per definire il soggetto-Europa e la sua missione nel mondo. Il primo imperativo è quello di costituirsi come soggetto di politica mondiale e come potenza di intermediazione pacifica tra le grandi potenze».

Come farlo? «E’ ormai assodato – risponde Cominelli – che la vecchia Unione Europea non è in grado di camminare su questa strada. Gli Stati europei non sono affatto “uniti”. Hanno radici comuni, ma bagnate dal sangue di guerre secolari feroci, hanno valori comuni, che vengono dall’eredità greco-romana e giudaico-cristiana, ma hanno le gambe gracili e vanno in direzioni diverse. La struttura decisionale intergovernativa dell’Unione europea ne paralizza l’azione internazionale. I singoli Stati, rappresentati dai loro Governi, trattano tra loro, non sulla base degli interessi comuni degli Europei, ma di quelli dei singoli Stati. L’esercizio del potere di veto, che ciascuno Stato può esercitare, non è la causa della paralisi, è l’effetto di una struttura istituzionale intergovernativa e confederale. La prima condizione perché l’UE eserciti un ruolo nel mondo è la sua unità politica. Il modello intergovernativo è arrivato fin qui. Di qui in avanti occorre passare ad un altro livello: quello dell’unità non solo della moneta, ma della politica estera, della difesa, del fisco, del bilancio. Serve un’organizzazione politico-istituzionale federale».

I tre candidati saranno interpellati con tre domande, che riguarderanno le prospettive geopolitiche dell’Unione europea, i suoi assetti istituzionali (Europa intergovernativa, quale è adesso, o Europa federale?), le strutture della democrazia europea (in particolare, il ruolo del Parlamento rispetto al Consiglio dei ministri europei rispetto alla Commissione europea), le politiche europee: politica estera, difesa, sviluppo industriale, fisco, sistema bancario, bilancio. Avranno tempo dieci minuti per ciascuna domanda. Il pubblico potrà avanzare domande. Il tutto avrà luogo nell’Auditorium delle Scuole elementari di via Roma 9, a Clusone.

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