Orobievive, il coordinamento delle associazioni ambientaliste della provincia di Bergamo, e Legambiente Bergamo tornano a sollevare dubbi e preoccupazioni in merito al progetto di collegamento tra Colere e Lizzola per creare un comprensorio unico. Le perplessità riguardano soprattutto la sostenibilità economica e ambientale. L’area, sostengono le associazioni, si trova all’interno di una Zona Speciale di Conservazione, vulnerabile ai cambiamenti climatici, e si teme che gli impianti sciistici a bassa quota diventino rapidamente inutilizzati, come già avvenuto altrove. Orobievive e Legambiente sollevano inoltre il tema della pressione esercitata sulle comunità locali e suggeriscono alternative come il turismo sostenibile. Viene chiesta, infine, maggiore trasparenza sul progetto e un equilibrio tra progresso e tutela ambientale.
Di seguito il comunicato stampa di Orobievive diffuso oggi: domenica 22 settembre:
“L’annunciato progetto del collegamento tra gli impianti di Colere e Lizzola, proposto da RSI, solleva numerose preoccupazioni. Per la realizzazione del comprensorio sono stati chiesti 50 milioni di euro di fondi pubblici; questa cifra, annunciata in occasione delle presentazioni al pubblico, aumenta fino a circa 70 milioni nella bozza di Convenzione protocollata presso il Comune di Valbondione. Si prevedono nuove piste, impianti, un bacino d’acqua per l’innevamento programmato e un tunnel di 450 metri attraverso il Pizzo di Petto. La promessa è quella di aumentare l’afflusso di turisti, con conseguente ritorno economico per i paesi di Valbondione, Lizzola e Colere. Orobievive con Legambiente Bergamo esprimono scetticismo riguardo alla sostenibilità economica e ambientale di un simile investimento.
Un sito Natura 2000 L’area interessata dal progetto si trova al centro della Zona Speciale di Conservazione (ZSC) Val Zurio, Val Sanguigno e Pizzo della Presolana, la più estesa della nostra provincia. In un contesto di cambiamento climatico e diminuzione delle precipitazioni nevose che alterano gli equilibri degli ecosistemi, questi ambienti sono ancora più fragili e da tutelare.
Rischio di abbandono degli impianti La decisione di investire in infrastrutture sciistiche a quote così basse solleva preoccupazioni sulla loro sostenibilità a lungo termine. Considerando le condizioni climatiche sempre più incerte e la bassa quota della stazione sciistica, situata tra i 1050m e i 2250m di altitudine, la realizzazione di questi interventi è particolarmente impattante e obsoleta. C’è il rischio concreto che questi impianti diventino rapidamente inutilizzati, lasciando alle spalle strutture abbandonate come già successo altrove.
No ai ricatti Non si tratta di un rifiuto totale degli impianti sciistici, che dove presenti vanno sicuramente ammodernati, ma di evitare che decisioni cruciali per il futuro del territorio siano influenzate da interessi privati. La richiesta da parte di RSI di rilevare gli impianti di Lizzola solo a condizione di ottenere il finanziamento richiesto al Ministero del Turismo e del consenso dei comuni interessati al collegamento con Colere fa leva sulle paure delle comunità locali che vedono i propri territori spopolarsi e sono disposte ad accettare qualsiasi intervento, presentato come “salvifico” dalle amministrazioni.
Quali benefici reali? La proposta di progetto prevede la sostituzione dei tre impianti ora presenti a Lizzola con uno solo. Ciò comporterebbe ogni volta l’obbligo di discesa fino a valle, laddove – chi frequenta gli impianti lo sa bene – spesso la neve è assente o ghiacciata a causa delle temperature inadeguate per il mantenimento del manto nevoso.
L’alternativa c’è Gli investimenti potrebbero essere meglio diretti verso progetti che valorizzino i già significativi flussi di visitatori che ogni fine settimana interessano l’alta Val Seriana. Come dimostrato da esempi virtuosi distribuiti su tutto l’arco alpino (per cui invitiamo a consultare il report annuale Nevediversa di Legambiente), gli impianti non sono l’unica via da percorrere per far rivivere i paesi di montagna. La cura della sentieristica, il turismo scientifico, gli agriturismi, l’educazione ambientale rivolta alle scuole e tante altre forme di turismo sostenibile potrebbero attivare l’economia locale senza compromettere l’integrità del territorio protetto.
Ad oggi le informazioni rese pubbliche sono parziali e incomplete, a volte addirittura in contraddizione tra loro.
Orobievive chiede innanzitutto maggior chiarezza riguardo le intenzioni progettuali; si auspica inoltre che si possa trovare un equilibrio tra progresso e conservazione, senza cedere a pressioni esterne o a interessi di breve termine”.