Un efferato omicidio perpetrato oltre un secolo fa nella quiete di Barzizza, figlio di un contesto sociale di cui si è persa memoria. Viene presentato venerdì 18 ottobre alle 20.45 nell’Auditorium Maconi del Centro Pastorale di Gandino (a pochi passi dalla Basilica) il volume “Il delitto Loglio – cronache di una tragedia rusticana”, scritto da Pietro Gelmi e Cristian Savoldelli. Il volume (collana Libri Rai, tiratura di sole 200 copie) è corredato dalle illustrazioni di Simona Maestroni e gli autori si sono avvalsi della consulenza di Battista Suardi.
I fatti narrati nel libro prendono le mosse dal 14 luglio 1907, quando Giovanni Battista Loglio, 43 anni, fu assassinato a pochi passi dall’attuale via Cervino a Gandino, nella frazione di Barzizza che allora era Comune autonomo. Il corpo dell’uomo fu rinvenuto da un contadino, orrendamente sfigurato a colpi di pietra, con tutta probabilità da più di una persona, secondo le risultanze della successiva autopsia. Sul posto è tuttora presente una lapide commemorativa (che i gandinesi unanimemente citano come “la Preda del Loglio”) in cui della vittima si ricorda lo “spirito moderno di educatore e cittadino”. Era infatti insegnante nella scuola di Gandino e vicino politicamente al Partito o Unione liberale, di cui era in Valle un punto di riferimento.
«Il Loglio – sottolineano gli autori nel tracciarne il ricordo – aveva appena diciotto anni quando iniziò a insegnare, e subito si fece amare dai propri alunni e apprezzare dai loro genitori. Per il suo carattere mite e gioviale, ma al tempo stesso fermo e deciso, che non amava gli intrallazzi e le mezze misure, godeva di grande stima in tutta la Valle». Un uomo “tutto d’un pezzo” destinato ad entrare in lotta di collisione con il curato locale, don Domenico Milesi, che con metodi spregiudicati imperversava a Barzizza, rivestendo anche il ruolo di assessore comunale e allargando i suoi interessi anche ad aspetti non certo legati alla cura delle anime.
Il processo indetto in tempi brevi portò alla sbarra, prima a Bergamo e successivamente a Cremona, quattro imputati: Gioachino Castelli, Pietro Picinali, Alessandro Suardi e lo stesso don Domenico Milesi, accusato (con il supporto di numerosi testimoni) di “aver eccitato o rafforzato la risoluzione di commettere l’omicidio da parte degli altri accusati, promettendo assistenza od aiuto da prestarsi dopo il reato”. Gioachino Castelli fu condannato a 16 anni e 8 mesi di reclusione, mentre 11 anni e 8 mesi toccarono a Pietro Picinali. Assolti Alessandro Suardi e don Domenico Milesi, per il quale la Corte d’Assise fece una votazione che si concluse con 4 voti di colpevolezza, 5 di assoluzione e 3 schede bianche. Un verdetto contrastato che anche a distanza di oltre un secolo lascia negli autori non pochi dubbi e perplessità. Don Milesi non tornò più a Barzizza e si ritirò come prete libero a San Giovanni Bianco, il suo paese natale, dove morì per crisi cardiaca poco più di un anno dopo la fine del processo, nel 1909, all’età di 54 anni.
Il libro di Gelmi e Savoldelli propone un’attenta analisi del contesto sociale in cui maturò l’efferato delitto, le piccole-grandi omertà locali, l’intreccio di interessi e retroscena anche scabrosi. E’ frutto di una ricerca che negli anni ha riguardato decine di archivi storici locali e quelli di Gazzetta Provinciale, Corriere della Sera, Giornale di Bergamo, La Provincia di Brescia, L’Eco di Bergamo, Il Tempo e La Stampa. L’opera è dedicata alla memoria di Iko Colombi, studioso gandinese morto nel 2020.
Nel corso della serata di venerdì 18 ottobre verrà proposta anche la nuova edizione di un opuscolo dedicato agli “scotöm” (sopprannomi) vecchi e nuovi di persone e famiglie gandinesi. E’ diviso in tre parti. La prima riguarda i soprannomi correnti, ed è stata curata dall’imprenditore gandinese Piero Colombi, con un paziente e meticoloso lavoro di ricerca a tutto campo. La seconda e la terza parte concerne invece i nomignoli storici, raccolti dal Gruppo Archivistico Parrocchiale, composto da Pietro Gelmi, Cristian Savoldelli e Gustavo Picinali.