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In Val Seriana torna lo spettro della crisi del tessile

Il cotonificio Zambaiti di Cene

Il settore tessile in Bergamasca torna a affrontare grosse difficoltà. In molte realtà produttive si fa ricorso agli ammortizzatori sociali: cassa integrazione ordinaria, straordinaria e contratti di solidarietà stanno diventando strumenti di gestione ordinaria per far fronte a un mercato sempre più ostile. La recente dichiarazione di cessazione dell’attività da parte del Cotonificio Zambaiti, storica azienda della Val Seriana, che occupa circa cinquanta lavoratori o di Confezioni Donatella con 47 dipendenti che si avvia a chiudere l’attività dopo cinquant’anni di storia, sono solo due emblematiche situazioni che si affiancano alla crisi che moltissime realtà medio piccole si trovano ad affrontare.

«Stiamo gestendo molti tavoli di crisi – spiega Daniele Vedovati, segretario generale della Femca Cisl di Bergamo -, nei quali discutiamo riduzioni di personale o di orario. Una perdita pesante, che colpisce non solo l’occupazione ma anche il patrimonio produttivo e culturale del territorio: stiamo vedendo la continua perdita di competenze e di professionalità che sono state, e sono ancora, risorse preziose per la nostra provincia».

Il tessile bergamasco è messo in difficoltà da una concorrenza internazionale spietata, soprattutto da Cina, India e sud est asiatico in generale, così come dall’Europa dell’Est, dove i costi di produzione sono molto più bassi: nella concorrenza basata solo sui costi, sono penalizzate le aziende di questo territorio, che storicamente puntano su qualità, puntualità di consegna, servizio al cliente e unicità del prodotto, caratteristiche in cui il Made in Italy eccelle. Qui ci sono aziende ad altissima specializzazione, dove capi di alta moda vengono confezionati uno ad uno, su misura.

Nella Valle Seriana, epicentro del dramma sanitario, e oggi di quello economico, molte grandi aziende lamentano uno stallo per almeno due mesi, casse richieste e effettuate per oltre 3000 lavoratori. La crisi dell’automotive e la difficile situazione di altri settori committenti delle fabbriche seriane lasciano grande incertezza anche nella programmazione del lavoro.

«Non mancano esempi virtuosi – continua Vedovati -. Alcune imprese del territorio hanno saputo reagire investendo su innovazione, sostenibilità e alta qualità del prodotto sia nel tessile che nel settore accessori. Realtà che esportano con successo, valorizzando qualità e servizio ed innovazione: tuttavia, anche per queste aziende la situazione non è semplice, la qualità, sempre più spesso, non viene riconosciuta, né adeguatamente retribuita dal mercato. Le imprese che cercano di mantenere standard elevati faticano ad avere margini, e al tempo stesso incontrano enormi difficoltà nel reperire manodopera qualificata. In particolare, manca il ricambio generazionale: è sempre più raro trovare giovani disposti a lavorare nel tessile, settore che è sempre meno appetibile, nonostante resti un elemento distintivo dell’industria italiana e del Made in Italy; la figura del perito tessile è praticamente introvabile. In alcune realtà vediamo lavoratori ed imprenditori che con tenacia, caparbietà e orgoglio fanno di tutto per non farsi travolgere da queste situazioni».

La Femca di fronte a questa situazione è seduta a molti tavoli di confronto e chiede un impegno concreto delle istituzioni del governo e delle associazioni datoriali: non solo ammortizzatori sociali, ma politiche industriali mirate e di prospettiva, che tutelino le eccellenze del territorio e in generale italiane, e che incentivino e supportino il settore tessile e manifatturiero.

Le incertezze economiche globali i costi delle materie prime la concorrenza sui prezzi che si aggiunge alla concorrenza sleale fatta nella filiera da aziende che applicano contratti “pirata”, sono temi che il sindacato chiede che siano affrontati in modo ampio e da tutti gli attori in gioco.

«Anche durante il congresso Nazionale della Femca Cisl appena concluso– conclude il sindacalista bergamasco -, è stata ribadita l’importanza strategica per l’economia nazionale del settore Moda, e la ferma volontà di costruire a tutti i livelli politiche per la salvaguardia del settore. Vediamo una lenta scomparsa di realtà che hanno fatto grande e ricco il nostro territorio con tutto il suo indotto, realtà che sono parte della nostra storia, ma che possono ancora essere parte del nostro futuro e del nostro patrimonio sociale ed industriale. Le istituzioni locali, insieme alle associazioni di categoria, si devono impegnare nel fornire supporto e risorse per aiutare le aziende a navigare questo periodo di cambiamento. Nonostante le difficoltà, c’è un forte spirito di resilienza e determinazione nel settore moda della Bergamasca, che continua a essere un importante pilastro dell’economia locale».

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