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Sanità. L’appello della Cgil: non bastano muri e infrastrutture, occorrono i professionisti

È notizia di questi giorni lo stanziamento di 317 milioni di euro, già approvati nel piano pluriennale 2025‑2031, da parte di Regione Lombardia per la riqualificazione delle infrastrutture sanitarie in provincia di Bergamo. Investimenti significativi, che però rischiano di rimanere gusci vuoti se non accompagnati da un rafforzamento delle dotazioni organiche, problema trasversale a tutto il settore sanitario e socio-assistenziale pubblico e privato (ospedali, cliniche private e strutture residenziali socio-sanitarie). A dirlo è la FP CGIL, che mette in evidenza come tutte le ASST bergamasche segnalano un fabbisogno di personale sanitario — soprattutto medici e infermieri — la cui carenza compromette la tenuta e la qualità del servizio pubblico.

A fronte delle risorse per le opere strutturali — dalle quali risulta escluso l’ambito della ASST Bergamo Ovest — la FP CGIL ribadisce che la sanità non si regge sui muri, ma sul lavoro e la professionalità di chi ogni giorno garantisce cure e assistenza. “Chiediamo un piano straordinario di assunzioni che dia risposte concrete alle richieste delle Aziende e che consideri il potenziamento del personale come condizione imprescindibile per garantire continuità, accessibilità e rilancio della sanità pubblica bergamasca” Giorgio Locatelli, Segretario Generale della Funzione Pubblica CGIL di Bergamo ed i funzionari territoriali Andrea Bettinelli ed Andrea Giardina.

“Allo stesso tempo, siamo pienamente consapevoli che le procedure concorsuali finalizzate alle assunzioni di personale sono una condizione necessaria, ma non sufficiente, per potenziare la dotazione organica delle ASST Bergamasche e colmare il divario”. Negli ultimi anni, difatti, è emerso con forza il tema dell’attrattività delle professioni sanitarie per cui, in assenza di un’adeguata valorizzazione economica e professionale, il personale disponibile all’assunzione è perennemente insufficiente a colmare il divario del fabbisogno.

Si tratta di un nodo cruciale delle professioni di cura che tocca le scarse retribuzioni (a fronte di elevati carichi e responsabilità), l’assenza di strumenti efficaci di conciliazione tra tempi di vita e lavoro, e carichi professionali sempre più usuranti, mentre la recente pre-intesa del CCNL Sanità Pubblica non offre risposte adeguate, ma contribuisce anzi ad accentuare le iniquità di un sistema malato, con aumenti salariali che non recuperano nemmeno un terzo dell’inflazione e finiscono per ridurre il potere d’acquisto reale delle lavoratrici e dei lavoratori pubblici.

Parallelamente, nel comparto della sanità privata, oltre 6 anni di blocco contrattuale pesano su condizioni di lavoro e salari, aggravando ulteriormente il problema dell’attrattività delle professioni sanitarie.

In provincia di Bergamo sono 7.055 gli infermieri iscritti all’albo, di questi oltre 300 hanno già 63 anni o più e matureranno presto i requisiti pensionistici, in assenza di un adeguato turn over, questo dato rischia di mandare ulteriormente in sofferenza la sanità della bergamasca.

“Infrastrutture e tecnologia sono strumenti preziosi, ma da soli non bastano: per garantire il diritto alla salute servono persone, competenze e condizioni di lavoro dignitose”.

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