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Il racconto del missionario bergamasco a Cuba

Don Valentino Ferrari, sacerdote missionario originario di Castione della Presolana tra qualche settimana sarà parroco a Romano di Lombardia dopo 14 anni di missione a Cuba, terra che tra il 19 e il 28 settembre sarà visitata da Papa Francesco. Don Valentino ci riassume il suo percorso e alcuni aspetti significativi della sua missione.

Don Valentino Ferrari
Don Valentino Ferrari

«Sono stato missionario a Cuba – ripercorre don Valentino – per 14 anni. Sono arrivato nel 2001: effetto della visita di Giovanni Paolo II, che nel suo viaggio ha istituito la diocesi di Guatanamo-Baracoa. Nel comitato di preparazione della visita c’erano alcuni bergamaschi e l’opportunità è stata quella di mettere in contatto il vescovo di Bergamo con il vescovo di Guatanamo. I primi ad arrivare nel gennaio del 1999 sono stati Mario Maffi e Pierluigi Manenti. Io sono arrivato nel 2001. Sono stato per quattro anni parroco della cattedrale di Guatanamo e poi per dieci anni nella zona di Baracoa, la prima città fondata a Cuba nel 1511 da Diego Velasques. Una cosa interessante di questa città è che tuttora si custodisce nella chiesa parrocchiale una croce che secondo le testimonianze avrebbe piantato Cristoforo Colombo il primo dicembre del 1492. Croce che è stata riconosciuta come tesoro della nazione cubana, monumento nazionale, segno più antico del cristianesimo in tutta America. Giovanni Paolo II nella sua visita, con le sue prime parole di saluto all’Havana, ha ricordato proprio questo segno e che qualche giorno dopo ha potuto anche stringere tra le mani».

«Cuba – racconta don Valentino – vive una situazione particolare perché i sacerdoti sono pochissimi: su una popolazione di 11 milioni di persone, ci sono circa 300 sacerdoti, di cui 150 sono cubani e altrettanti missionari stranieri. C’è proprio bisogno di aiutare l’evangelizzazione e la Diocesi di Bergamo ha voluto negli anni scorsi investire nella possibilità di aiutare questa Chiesa che vive comunque un momento di grande trasformazione. Con la visita di Giovanni Paolo II, poi con quella di Benedetto XVI nel 2012 e ora l’imminente arrivo di Papa Francesco, ci sono sicuramente trasformazioni che permetteranno un ulteriore sviluppo dell’opera di evangelizzazione. Ci sono tantissimi villaggi, tantissime persone che non era possibile raggiungere. È una nuova tappa di evangelizzazione e anche di rapporti tra la Chiesa e lo Stato, che sono migliorati a partire dal 2010, hanno portato a quei frutti bellissimi che abbiamo vissuto alcuni mesi fa: il 17 dicembre, giorno del compleanno del Santo Padre, c’è stato fatto un regalo grande, il Presidente ha annunciato in diretta televisiva che si sarebbero ristabilite le relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti e allo stesso tempo lo ha fatto Obama. Il 20 luglio sono state riaperte le ambasciate dopo 54 anni. La Chiesa ha sempre un ruolo di costruttrice di ponti e aiuta la gente a incontrarsi».

Don Valentino si appresta a diventare parroco di Romano di Lombardia. «Arrivando in Italia – aggiunge don Valentino – avrò bisogno prima di tutto di tornare a imparare il linguaggio: non sarà facile anche perché sono cambiate molte cose in questi ultimi anni. Forse porto con me la semplicità delle relazioni. Anche nell’esperienza missionaria a Cuba ciò che conta è l’incontro con le persone, il condividere la vita quotidiana, essere vicino a situazioni di sofferenza. Per esempio sono capitati in questi anni alcuni eventi naturali anche abbastanza catastrofici: i famosi cicloni che scuotono Cuba. Ne ho vissuti due, uno nell’anno 2008, quando sono stati distrutti alcuni villaggi nella zona dove mi trovavo e anche la nostra presenza è stata un sostegno, una presenza che dà speranza, che aiuta anche a ritrovare la dignità come persone. Poi l’ultimo è stato il ciclone che ha colpito (nel 2012) Santiago di Cuba, tra l’altro mi trovavo quella notte proprio nella città. È stata un’esperienza difficile, la città il giorno dopo sembrava bombardata. Noi come missionari facciamo questo tipo di servizio, l’annuncio del Vangelo è legato certamente alla condizione umana della persona. Questo tesoro spero possa servirmi anche nella nuova esperienza che andrò a fare, vivere come parroco questa grande parrocchia e speriamo che possa inserirmi in queste relazioni nuove e queste dimensioni che sono certamente molto diverse rispetto all’esperienza di missione».

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