Notizie

Nelle rocce del Rio Re il lago della Val Gandino

Le rocce sono come i libri: dentro ci trovi la storia. Basta saperle leggere. Lavoro da geologi. Ed è proprio uno di loro che ci accompagna in questa avventura alla scoperta della Val Gandino di oltre un milione di anni fa. Scordate le Cinque terre e immaginate un lago sulle cui sponde passeggiano elefanti, tigri e rinoceronti. Le acque sono basse, in certi punti è una palude, quasi sabbie mobili: qualche animale rimane impantanato, non riesce a sopravvivere e la natura ne conserva i resti per millenni. Chiusi nella pietra.

Il posto migliore per leggere questa storia è a Cazzano Sant’Andrea, dove scorre il Rio Re. Arrivarci non è facile: il torrente ha scavato in profondità. Ma guidati da Bepi Rottigni, fotografo di Gandino da tempo interessato al luogo, scendiamo attraverso la vegetazione, con l’impressione di percorrere secoli ad ogni passo. «Nel 2006 questo sito è stato oggetto di un incontro internazionale con ricercatori provenienti da tutta Europa, ma anche dall’America, proprio perché si tratta di un’area unica per il Quaternario alpino», ci spiega il geologo Enrico Mosconi.

Un'altra immagine delle rocce nel sito del Rio Re (foto di Bepi Rottigni)
Un’altra immagine delle rocce nel sito del Rio Re (foto di Bepi Rottigni)

Il Rio Re scorre attraverso rocce biancastre percorse da venature scure. Qua e là affiora la lignite, carbon fossile. Se ne trova dappertutto, anche in mezzo all’erba. «I sedimenti che si possono vedere sono relativi al bacino lacustre di Leffe – prosegue Mosconi –. Questi depositi hanno all’interno un contenuto in termini di fauna e vegetazione, quindi pollini e fossili, importante per la ricostruzione climatica, geografica e ambientale di circa un milione di anni di evoluzione».

I segni racchiusi nelle rocce riportano alla luce una Val Gandino sepolta dal tempo. «In un periodo compreso fra due milioni e un milione di anni fa si è sviluppato un lago, molto simile al Lago d’Endine, quindi con bassa profondità, tra i due e i dieci metri circa – spiega ancora Mosconi –. La sedimentazione di questo bacino nel corso del tempo è rappresentata da livelli scuri di lignite (sedimentazione invernale) e bande chiare di carbonati lacustri (sedimentazione estiva), ovverosia le varve come chiamiamo questi strati noi geologi; una coppia di livelli rappresenta un anno. Per questo il contenuto di questi strati è fondamentale per ricostruire l’evoluzione ambientale del Quaternario, specialmente del Pleistocene. Teniamo conto che si tratta di un bacino unico nel suo genere. In Bergamasca vi sono altri due bacini lacustri “fossili” intralpini, quello di Pianico-Sellere e quello di Ranica, però più recenti e con una stratificazione relativa ad un arco temporale più ridotto rispetto alla “biblioteca naturale” della Val Gandino che rappresenta un milione di anni di storia».

Altre rocce bagnate dal Rio Re (foto Bepi Rottigni)
Altre rocce bagnate dal Rio Re (foto Bepi Rottigni)

La fine del lago risale a circa 900 mila anni fa: «C’è stata un cambiamento climatico che ha portato all’estinzione del bacino, in parte colmato da sedimenti alluvionali». Mosconi aggiunge: «Grazie allo studio dei pollini e dei reperti fossili intrappolati nei sedimenti lacustri del Bacino di Leffe, i ricercatori hanno potuto appurare la varietà climatica nel corso del tempo. In particolare in questo periodo di un milione di anni si sono susseguiti 18 cambiamenti climatici. Importanti reperti fossili rinvenuti dai paleontologi sono oggi conservati nei musei di Scienze Naturali di Milano e Bergamo». Inoltre, prosegue il geologo, «la varietà climatica ha consentito lo sviluppo nel corso del tempo di piante di diverso tipo, dalle latifoglie nei periodi caldi, alle conifere in quelli freddi. Specie anche estinte in Europa, ma ancora presenti in altre parti del mondo. La ricchezza di questo sito è tutta da scoprire».

Proprio così. Peccato non sia facile raggiungerlo. «L’auspicio è che questo ambito di pregio naturalistico, geologico e scientifico possa trovare adeguata valorizzazione con un percorso fruibile a tutti. Ci sono i presupposti per creare una connessione con altri importanti siti già accessibili come il vicino Parco paleontologico di Cene ed il bacino di Pianico-Sellere. Sono certo che a breve si andrà in questa direzione per far conoscere a tutti quest’area, anche con progetti didattici rivolti alle scuole».

Condividi su:

Continua a leggere

Clusone, al via gli incontri del Circolo Culturale Sant’Andrea
Rimedi per le allergie degli animali