Da poco confermato presidente del Csi (Centro sportivo italiano) di Bergamo, Vittorio Bosio potrebbe presto fare il salto fino a Roma. È infatti in corsa per la presidenza nazionale. In caso di elezione, sarebbe il primo bergamasco a guidare l’associazione sportiva legata al mondo cattolico che conta qualcosa come 13.500 società, 42 mila squadre, 300 mila gare all’anno e oltre un milione di tesserati.
«La mia candidatura a Bergamo era stata per allontanare l’ipotesi di Roma – ci racconta a Clusone, a margine della cerimonia per premiare i vincitori del campionato provinciale di sci alpino –. Sono 12 anni che sono vicepresidente nazionale ed evidentemente abbiamo lavorato bene. Tanta parte d’Italia, soprattutto il Nord, mi ha chiesto con forza la candidatura e all’ultimo momento ho ceduto».
A norma di statuto, presidenza di un comitato e presidenza nazionale sono incompatibili, Bosio dovrà quindi lasciare l’incarico a Bergamo. «Credo che il mio sia un atto di servizio. Vengo da un territorio che ha dato tanto al Csi: è il primo comitato in Italia. Vogliamo allargare la nostra esperienza a tutta Italia. Questo sarà un po’ il motto che cercheremo di portare avanti».
Secondo Bosio, il Csi deve guardare soprattutto ai giovani. E credere nell’accoglienza. «Viviamo un momento in cui tante volte l’egoismo regna sovrano. Alle nostre società sportive chiediamo di pensare ai più deboli. Credo che questa sia un po’ la missione del Csi di oggi: guardare alle fasce più deboli, pensare ai ragazzi. Se penso all’attività che abbiamo a Bergamo, credo nessuno possa dire di non avere l’opportunità di fare attività sportiva. Qualsiasi tipo di attività: dal calcio alla pallavolo, dallo sci al karate, al judo, alla ginnastica, al nuoto». Chissà che il modello Bergamo non conquisti anche Roma.