Notizie

Fusione, ultimi giorni per decidere: domenica il referendum

Il 20 novembre i cittadini di Rovetta, Fino del Monte, Onore, Songavazzo e Cerete dovranno decidere se mantenere lo stato attuale o passare al comune unico.

«Come Comitato del No ci teniamo a esprimere alcune considerazioni – afferma Paola Rossi -.  È vero che lo Stato ha previsto stanziamenti con i quali incentivare le fusioni, ma c’è da precisare che questi finanziamenti, se ci saranno, dipenderà da quanto lo Stato metterà nelle proprie finanziarie. In secondo luogo a questi stanziamenti, che dovranno arrivare per dieci anni, dovrà essere detratto quanto oggi viene riconosciuto all’Unione dei Comuni della Presolana. Inoltre la Camera dei Deputati, non molto tempo fa, ha legiferato per proporre contributi ai piccoli comuni, pertanto la leva dei soldi, come motivazione alla fusione, deve essere ben ponderata. Altro aspetto è che oggi i nostri comuni possono accedere a contributi per le proprie strutture, ad esempio l’edilizia scolastica. Con un comune unico il contributo dovrà essere solo uno e, visto che i sindaci hanno proposto la fusione dicendo che manterranno aperte tutte le strutture (come scuole e biblioteche), se ci saranno contributi bisognerà chiedere queste risorse solo per una delle strutture e per decidere quale dovrà beneficiarne peserà la rappresentanza in consiglio comunale. In questi giorni abbiamo distribuito un volantino, magari lungo in quanto non è stato formalizzato con slogan e con il quale abbiamo voluto esporre in 20 punti le nostre ragioni. Non ci siamo avvalsi inoltre di sponsor di ditte private come hanno deciso di fare i sindaci. Quella della fusione sarà una decisione irreversibile e, non essendo necessario un quorum, invitiamo tutti i cittadini ad andare a votare».

«Questa – afferma il primo cittadino di Rovetta Stefano Savoldelli – è un’opportunità straordinaria che viene data ai cittadini che devono decidere il buon esito di questa fusione, oppure no. Per noi la fusione porterà a benefici economici molto importanti. Innanzitutto vanno considerati gli incentivi che lo Stato eroga ai comuni che approdano a un progetto di fusione. Vengono inoltre garantite posizioni di privilegio nei bandi per la richiesta di fondi. Il Comune di Sant’Omobono, ad esempio, ha potuto beneficiare di contributi consistenti su due misure della polizia locale proprio grazie anche alla posizione di privilegio in quanto comune fuso. Ci saranno indubbi risparmi che sono stati certificati dai comuni che sono addivenuti a una fusione negli anni scorsi. Lavorare per cinque-sei enti (sei se si conta anche l’Unione dei Comuni della Presolana) non è come lavorare per un unico comune: significa avere a che fare con cinque bilanci al posto di uno, cinque sindaci al posto di uno. In tal senso possiamo portare altri esempi come le spese legate alla revisione dei conti, tesoreria, assicurazioni, canoni, consulenze per il mantenimento dei servizi informativi: un risparmio indubbio per gestire un ente al posto di sei».

«Pensiamo – continua Savoldelli – inoltre anche alla macchina amministrativa: ora abbiamo molti responsabili di una stessa area e, oltre alla semplificazione e possibilità di specializzazione di dipendenti di un’area comune, potremo avere risparmi anche per quanto riguarda l’indennità. I costi della politica sono definiti da un decreto ministeriale, se facciamo la sommatoria delle indennità percepibili attualmente abbiamo una somma massima di 136.000 euro, se analizziamo il costo per il comune unico la spesa si attesta a 102.000 euro. Bisogna tuttavia anche considerare che i costi della politica non sono solo le indennità, ma sono anche i rimborsi spesa che dipendono dal numero di persone che richiedono questi rimborsi. Se consideriamo le indennità e i costi per la propria attività politico amministrativa, possiamo immaginare che un sindaco costi meno di cinque».

Condividi su:

Continua a leggere

Campi scuola degli alpini, se ne parla a Decoder
Rag’n’Bone Man