FeaturedNotizie

Punti nascita, Alzano-Piario: uno è di troppo?

L’auditorium della scuola primaria di Clusone ha ospitato ieri l’incontro pubblico “Piario. Sanità. Montagna. Un ospedale da difendere”. La serata è stata organizzata da un gruppo di liste civiche insieme al Partito democratico della Valle Seriana, Sinistra italiana e Cgil Bergamo. Si è parlato del “Locatelli”, delle sue potenzialità e dei suoi problemi, ma soprattutto della questione punto nascita.

L’incontro, moderato da Gino Gelmi, si è aperto con un intervento di Vera Pedrana, consigliere comunale a Villa d’Ogna. Ha presentato i dati relativi ai parti nei punti nascita dell’Asst (Azienda socio sanitaria territoriale) Bergamo Est: Alzano, Piario e Seriate. Il primo viene scelto soprattutto da mamme della media Valle Seriana (42% dal 2014 al 2016) e dell’area urbana (25%); pochissime quelle dell’alta Valle (1%). A Piario la situazione è ben diversa: le mamme dell’alta Valle e della Val di Scalve sono il 62%, il 20% proviene dalla media Valle, il 14% dal Sebino. Bassissima (meno dell’1%) la percentuale di donne dell’alta Valle che raggiungono Seriate.

«Di fronte a questi dati appare evidente che le mamme scelgono di restare sul territorio a partorire – ha commentato Vera Pedrana -. Chiediamo all’azienda un potenziamento del servizio e l’aggiornamento costante degli operatori. Serve una strategia di lungo periodo. C’è bisogno anche di un’opera di comunicazione nella rete dei consultori e negli ambulatori pediatrici per spostare le mamme della Media Valle verso Piario».

Ha preso quindi la parola Claudio Crescini, ginecologo e vicesegretario dell’Associazione nazionale ginecologi e ostetrici. Si è soffermato in particolare sulla soglia dei 500 parti all’anno, al di sotto della quale per legge un punto nascita sarebbe costretto a chiudere (come stava avvenendo per Piario). «Sapete qual è stata la prima nazione europea che ha chiuso i punti nascita sotto i 500 parti? Il Portogallo. Ma la decisione è stata presa per ridurre il deficit statale. Mantenere un punto nascita, infatti, ha dei costi». Crescini si è soffermato anche su un dato: «Circa 25 anni fa in Bergamasca i punti nascita erano 13, ora sono 6. Più del 50% in meno. Credo che noi in termini strettamente economici abbiamo ampiamente dato». Quanto alla sicurezza, Crescini ha fatto notare come la percentuale di parti che presentano gravi comlicanze sia piuttosto bassa. Il personale può essere allenato ad affrontarle, ad esempio con corsi di simulazione o periodi in un ospedale più grande.

È seguito l’intervento di Manuel Gnecchi, già pediatra all’Ospedale di Clusone per 12 anni, segretario provinciale del sindacato Medici pediatri. «Tenere aperto un punto nascita vuol dire avere obbligatoriamente per legge anestesista, pediatra e ginecologo presenti 24 ore su 24. Quindi un impegno per l’azienda molto importante – ha detto -. L’Asst Bergamo Est è l’unica in provincia con tre punti nascita. Si pone pertanto il problema di cosa fare».

Nell’immediato, ha aggiunto Gnecchi, Piario non corre rischi. Ma già nel 2019 lo spettro chiusura potrebbe ripresentarsi: «Tenere aperti tre punti nascita nella stessa azienda sarà difficile. In questo senso va riconsiderato il ruolo dell’ospedale di Alzano, che si trova a soli 6 chilometri da Bergamo». Sacrificare Alzano, dunque, per salvare Piario, il cui punto nascita secondo Gnecchi è «irrinunciabile».

Orazio Amboni, responsabile Welfare della Cgil di Bergamo, è stato l’ultimo a parlare. Ha detto che molte delle decisioni necessarie a mantenere gli ospedali di montagna «non riguardano i medici, ma la politica. A cominciare dai trasporti e dai collegamenti telematici con gli ospedali più grandi». E proprio a livello politico, secondo Amboni, «sarebbe opportuno che i sindaci del distretto istituissero un osservatorio sull’ospedale. Le decisioni non vanno delegate all’azienda».

Il servizio di Antenna2 con Vera Pedrana e Manuel Gnecchi:

Condividi su:

Continua a leggere

Smottamento a Vertova, riapre la strada ma monitorata
Rovetta, malore fuori dalle scuole