Ammontano a un milione e 300 mila euro i beni e le disponibilità sequestrati dalla Guardia di finanza di Bergamo nell’ambito delle indagini nei confronti di una cooperativa. Il socio consigliere di amministrazione è stato chiamato a rispondere, a titolo di concorso, per i reati di infedele dichiarazione e indebita compensazione d’imposta.
Le indagini dei militari del comando provinciale nei confronti di una cooperativa operante nel territorio bergamasco, impegnata nella fornitura di manodopera, si erano concluse a giugno con il sequestro, confermato dal Tribunale del riesame, di 12 immobili, per un valore di poco superiore al milione di euro, riconducibili al legale rappresentante dell’azienda, un imprenditore cinquantenne brianzolo.
Da quel momento, l’attenzione dei finanzieri del Gruppo di Bergamo, coordinati dal sostituto Procuratore Nicola Preteroti, si era concentrata sul recupero della restante parte delle imposte evase, coinvolgendo gli altri membri del consiglio di amministrazione, in forza di una recente sentenza della Cassazione Penale. I giudici, infatti, in capo ai consiglieri, hanno riconosciuto non una semplice responsabilità oggettiva, ma un vero e proprio concorso nel reato tributario commesso dal legale rappresentante, accusato – nella circostanza – di aver omesso la presentazione della dichiarazione dei redditi per oltre due milioni di euro ed il relativo versamento delle imposte. In aggiunta, erano stati indebitamente compensati anche contributi Inps e Inail per tutti i 122 dipendenti della cooperativa.
A novembre, il Giudice per le indagini preliminari Vito Di Vita ha accolto le richieste del Pubblico ministero, emettendo il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca in capo al socio e consigliere della cooperativa, fino alla concorrenza dell’imposta evasa. I finanzieri hanno ricostruito il patrimonio del destinatario del provvedimento di sequestro, anche lui residente in Brianza.
Al termine delle indagini bancarie, hanno posto sotto vincolo cautelare beni per oltre 300 mila euro, tra disponibilità finanziarie, quote societarie e un immobile, un’abitazione nel centro di Lissone intestata alla compagna dell’imprenditore. L’appartamento, in particolare, attraverso l’analisi dei flussi di denaro registrati sui conti bancari, è stato ricondotto nel patrimonio nella disponibilità dell’indagato. Sale dunque a 1 milione e 300 mila euro il valore dei beni sequestrati nell’ambito dell’operazione.