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La Guardia di Finanza di Bergamo arresta tre pericolosi pregiudicati

“Crazy Water” è il nome dell’operazione che ha portato tre pluripregiudicati in carcere. Nei loro confronti è stato disposto anche il sequestro di beni per un valore complessivo di oltre 10 milioni e mezzo di euro.

I provvedimenti, firmati dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bergamo, Massimiliano Magliacani, su richiesta del Pubblico ministero Emanuele Marchisio, giungono all’epilogo di un’articolata indagine condotta dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di finanza di Bergamo. Nel corso della stessa indagine, erano già stati denunciati 18 soggetti, 13 dei quali tratti in arresto. Tra questi 6 erano finiti in carcere nel settembre 2018 con l’accusa di far parte di un un’associazione per delinquere – di matrice campana e albanese – dedita ad attività estorsive, rapine, lesioni, spaccio di sostanze stupefacenti, ricettazione, minacce e detenzione illegale di armi clandestine.

Durante le perquisizioni, nel corso delle indagini, erano state rinvenute 4 armi clandestine con matricola abrasa, un silenziatore, 88 cartucce, una balestra, strumenti atti ad offendere e denaro contante e titoli di credito per 85 mila euro, oltre a orologi per un valore stimato di oltre 65 mila euro. A finire dietro le sbarre – nel corso dell’ultimo intervento – sono stati tre pluripregiudicati, che il Giudice definisce connotati da spiccata capacità a delinquere, attivi sul territorio bergamasco.

Qui gli arrestati avevano investito parte dei proventi derivanti da attività illecite di natura tributaria poste in essere tra le province di Bergamo e Napoli. Tra loro un soggetto già arrestato sempre dalla Guardia di finanza di Bergamo nel settembre 2018, gravato da precedenti per associazione di stampo mafioso, ma anche un “sicario” che in passato ha scontato 16 anni di carcere per un omicidio di un pregiudicato e un terzo indagato, che si è costituito in quanto si trovava all’estero, con alle spalle una serie significativa di precedenti penali.

L’attività investigativa – condotta anche attraverso l’utilizzo di intercettazioni telefoniche ed ambientali – ha consentito di raccogliere evidenze probatorie per sostenere che i tre complici, tramite due società operanti nel settore del movimento delle merci, intestate e gestite da prestanome, si erano accollati debiti tributari di altre imprese campane. Provvedevano a compensarli attraverso falsi crediti Iva, derivanti dall’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Una frode al fisco quantificata in oltre 8 milioni di euro.

Le società, la cui contabilità veniva distrutta, venivano portate al fallimento una volta depauperate delle risorse finanziarie. Parte dei proventi illeciti, oltre a consentire un elevato tenore di vita agli indagati, sono stati reinvestiti in una società che ha gestito un noto ristorante di Bergamo, le cui quote sono state oggetto di sequestro.

Le indagini hanno portato anche alla procedura di fallimento delle due aziende attraverso le quali venivano commessi gli illeciti tributari, nonché al sequestro di beni e disponibilità finanziarie degli indagati tra cui un’abitazione, autovetture, motoveicoli, uno scooter d’acqua e diversi conti correnti.

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