È rimasta in casa una settimana e vegliata dalle figlie e dal marito. È successo a Pisogne, dove, la salma di una donna di origine macedone e di religione musulmana, morta il 18 marzo a causa di un male incurabile, è restata nell’abitazione per una settimana all’interno di una bara.
Una situazione creatasi per il fatto che il comune del Sebino è privo di un’area di sepoltura per musulmani, di cui invece è dotato il comune di Brescia, che però non ha autorizzato la sepoltura della donna.
A confermare la realtà dei fatti Yassine Lafram, presidente Ucoii, Unione delle Comunita Islamiche: «È allucinante l’accaduto, sono scioccato da questo notizia – ha dichiarato -. L’emergenza che stiamo vivendo tutti non deve costringerci, quando possiamo, a trascurare l’umanità che è l’essenza della nostra società».
A causa della diffusione del Covid-19 si è reso impossibile il trasferimento del feretro al Paese d’origine per la tumulazione. E la burocrazia ha fermato tutto. A denunciare il fatto che l’agenzia funebre, così come l’Associazione Culturale Islamica di Brescia, quella delle comunità islamiche italiane ed il cimitero Vantiniano a Brescia, non siano riuscite ad ottenere il permesso di trasferire la salma nel paese d’origine, nè tanto meno, la sua sepoltura nel camposanto bresciano, la famiglia della defunta.
A fronte di questa vicenda è poi intervenuto il Comune di Pisogne che al momento ha tumulato la salma nel cimitero del paese, in vista, quando l’emergenza sarà terminata, di disporre una soluzione definitiva.