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Tempi determinati e “dignità”: in due mesi, 20.000 contratti chiusi

Analisi CISL su dati del Centro per l’Impiego. Mazzola: “migliaia di disoccupati che si sommeranno alle difficoltà della ripresa”

Nel volgere di due mesi, da qui a fine giugno, 21.417 persone vedranno chiudersi i propri contratti: si tratta di tempi determinati (la maggioranza) o altre forme di lavoro “a tempo”. È il risultato di due mesi di crisi, e la prospettiva è ancora tutta da scrivere: che fine faranno queste donne e uomini, questi lavoratori? Il 94,71% dei contratti scade nei anni 2020 e il 4,79% nel 2021, mentre lo 0,5% termina dal 2022 in poi, per un totale di 36.904 contratti a termine.

La questione in provincia di Bergamo, secondo i dati del Centro per l’impiego, riguarda 34.953 lavoratori e lavoratrici per i quali entro la fine del 2020 è prevista la chiusura della loro esperienza lavorativa. Di questi, 16.557 (pari al 47,40%) sono donne e 18.393 (il 52,60%)uomini; 29.895 riguardano contratti a tempo determinato, il resto è composto da lavoro domestico, intermittente, a domicilio, in sostituzione.

Il grosso, lo abbiamo già anticipato, scadrà da qui a fine giugno 2020, con 21.417 dei contratti a termine pari al 61% del totale annuo, (10.432 riguardano le donne, il 48,70%, e 10.983 gli uomini, che rappresentano il 51,30%), ma poi altri 13.536 contratti scadranno entro dicembre.

Ad essere in difficoltà sono settori “core” della manifattura e del made in Italy, come la meccanica, il tessile-abbigliamento, il legno-arredo, solo per citarne alcuni; fino ad arrivare alle attività turistico-commerciali fortemente colpite dalle chiusure legate all’emergenza sanitaria.

“Ogni mese da qui a fine anno, ci saranno migliaia di contratti a termine che scadranno e che rischiano di non essere rinnovati a causa di crisi e attività produttive ferme – dice Danilo Mazzola Segretario CISL Bergamo. A tutto ciò si sommano le rigidità introdotte dal decreto dignità, vale a dire causali legali obbligatorie dopo i primi 12 mesi di rapporto e dopo ciascun rinnovo e aggravio di costo dello 0,5% destinate a pesare soprattutto sulla ripartenza.

Insomma, a licenziamenti bloccati per giustificato motivo oggettivo (a oggi fino al 16 maggio), eventuali mancati rinnovi e proroghe potrebbero causare nei prossimi mesi estivi, migliaia di disoccupati nella nostra provincia, che si sommeranno alle difficoltà di ripresa che sicuramente porteranno ancora al ricorso di ammortizzatori sociali, che oggi coinvolgono centinaia di migliaia di lavoratori “, evidenzia Mazzola.

Per scongiurare il pericolo si sta pensando di congelare almeno fino a fine emergenza il decreto dignità, aprendo a una sorta di “moratoria” dall’obbligo di indicare le causali legali relative ai rinnovi e proroghe dei contratti a termine.

“La Cisl da tempo chiede al governo di aprire un confronto sul decreto dignità, per frenare l’eccessivo turn-over che penalizza in particolare le fasce deboli e meno professionalizzate del lavoro, rimandando ai contratti nazionali di ogni singolo settore la definizione delle dovute correzioni, in particolare in merito alle causali e alla possibile stabilizzazione dopo un periodo definito di contratti a termine. In questo – conclude il segretario CISL – la contrattazione è lo strumento che entra nei particolari e nelle conoscenze di ogni singolo settore produttivo, pertanto va valorizzata ancor di più in un momento così difficile per la nostra economia.”

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