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Dipendenti pubblici, a Bergamo “Quota 100” riserva sorprese

A Bergamo e provincia, il numero delle pensioni dei dipendenti pubblici, dal primo gennaio 2020, è di 25610, 828 assegni in più rispetto allo scorso anno. Una crescita dello 0,9%.

«Non c’è stata la tanto temuta fuga addebitata a “Quota 100” – dice Roberto Corona, della segreteria Fnp Cisl Bergamo -. Dal 2018 a oggi, infatti, poco più di 1400 nuovi pensionati sono andati in quiescenza grazie al conto della contribuzione versata. In proporzione, sono stati di più quelli che hanno maturato i requisiti grazie all’età (quasi il 10% in più), a testimonianza dell’età elevata della nostra funziona pubblica».

«Quota 100 non è stata la panacea come qualcuno credeva – continua Corona -, non ha risolto i problemi occupazionali rimpiazzando posti di lavoro liberati soprattutto lavoratrici. Al contrario, leggendo i dati Inps si verifica, come anche nel settore privato, un calo delle pensioni soprattutto femminili interessate ad uscire con “quota 100”».

Nell’elaborazione dei dati Inps effettuata dall’Osservatorio Socio-economico della Cisl bergamasca, la fascia d’età tra i 60 e i 64 anni perde 28 assegni rispetto all’anno precedente, e il conto si fa ancor più pesante per le donne (70 uscite in meno).

«Le motivazioni sono diverse: vuoi perché chi lavora nel settore pubblico ha un rapporto di lavoro molto più stabile che nel privato per cui al raggiungimento dei 62 anni di età facendo due conti sceglie di andare in pensione con l’anzianità, soprattutto le donne. Altro problema che più volte Fnp Bergamo ha messo in rilievo, è che questa scelta premia pochissime figure, e non risolve affatto il problema di un sistema pensionistico che non riconosce il lavoro femminile al di fuori dei luoghi classici di lavoro, quali i lavori di cura, la gestione sociale della famiglia».

Altro aspetto riguarda l’importo delle pensioni “pubbliche”. L’assegno medio è di oltre 2300 euro, condizione assolutamente privilegiata rispetto alle pensioni “private” che a Bergamo viaggiano sotto la media dei 1500. Ma indagando nelle pieghe dei dati Inps, emerge il leit motiv del gap di genere: nonostante il numero delle donne pensionate pubbliche sia di gran lunga più alto (quasi il doppio) di quello maschile, a riprova di un tasso di occupazione degli incarichi nella pubblica amministrazione decisamente “rosa”, anche nel pubblico un pensionato maschio prende il doppio della collega donna , da 3302 a 1621 euro.

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