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La vitamina D è utile contro il Covid? Un’analisi condotta dai medici dell’Asst Bergamo Ovest

Si parla spesso di integrazione alimentare per la cura anche di malattie gravi quali tumori, malattie degenerative e infezioni. Argomento molto dibattuto in questo periodo di pandemia è la funzione preventiva e terapeutica che alcune vitamine avrebbero nelle infezioni da Covid-19. In particolare, il ruolo della vitamina D3 (anche nota come colecalciferolo), la cui fonte principale è l’esposizione alla luce solare (meno rilevante quella derivante dagli alimenti).

È di pochi giorni fa la notizia che l’uso fai da te degli integratori alimentari sia significativamente aumentato in questo periodo (vitamina C, vitamina D) grazie alla facile reperibilità sul commercio. La vitamina D3, oltre ad intervenire nel metabolismo del calcio, sembra avere proprietà importanti nel modulare la risposta immunitaria alle infezioni. Viene da chiedersi quindi se possa avere un ruolo preventivo o terapeutico anche nella cura del covid-19, che tanto impegno e consumo di risorse sta chiedendo al nostro paese.

Un modo per capirlo consiste, oltre che nella propria esperienza clinica, nel mettere insieme i dati esistenti nella letteratura scientifica mondiale attraverso un’analisi aggregata dei lavori pubblicati fino ad oggi. Da questa analisi, la maggiore ad oggi pubblicata e condotta dall’Unità operativa di Oncologia dell’Azienda socio sanitaria territoriale Bergamo ovest, Presidio Ospedaliero di Treviglio-Caravaggio (https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0960076021000765?via%3Dihub ), in collaborazione con i colleghi della Medicina Generale – reparto che sta combattendo questa battaglia in prima linea sul campo – sono emersi dati interessanti. Hanno partecipato allo studio i dirigenti medici:  Andrea Luciani (direttore Oncologia), Fausto Petrelli (Medico Oncologia),  Paolo Colombelli (Medicina Generale), Giuseppina Dognini (Medicina).

L’analisi ha avuto come termine i lavori pubblicati sui principali motori di ricerca scientifici (es. Pubmed) il 31 gennaio 2021. A tale data 43 lavori sono stati raccolti ed analizzati. Il dato più rilevante è stato che i soggetti con valori insufficienti di vitamina D avevano un rischio più elevato (di 1,26 volte) di contrarre l’infezione e, soprattutto, la malattia si presentava in forma più severa (intesa come rischio di intubazione o, comunque, di accesso in terapia intensiva: 2,6 volte più alto). Allo stesso modo i pazienti con valori inadeguati di vitamina D presentavano una più alta mortalità complessiva.

L’assunzione di vitamina D3 serve nella malattia acuta? «I dati – sottolinea l’Asst Bergamo ovest -, seppur basati su osservazioni a posteriori, mostrerebbero che coloro che assumevano integratori a dosi variabili di vitamina D3 prima, o li hanno ricevuti durante il ricovero, avevano un rischio notevolmente ridotto di mortalità o di contrarre forme severe di Covid».

Per concludere, cosa suggeriscono i dati di questa ricerca? «In primo luogo – prosegue l’Asst Bergamo Ovest – è necessario mantenere un’adeguata concentrazione di vitamina D3, in particolare nei soggetti anziani, che alle nostre latitudini sono i più soggetti ad ipovitaminosi (necessarie le canoniche 800-1000 UI al giorno o 25000-50000 alla settimana a seconda dei valori ematici più o meno adeguati). In questo senso il ruolo dei colleghi della medicina di base è fondamentale per il monitoraggio e la prescrizione di tale integrazione. La vitamina D3 è economica, di facile assunzione (esistono varie formulazioni in gocce, fiale, compresse) e mutuabile, qualora i valori siano inadeguati. Non ha particolari effetti collaterali tranne che in caso di abuso».

«In secondo luogo, nei pazienti affetti da Covid 19 è importante identificare la carenza di vitamina D per poi poterla correggere nell’organismo, riducendo quindi il rischio di una evoluzione sfavorevole della malattia. Infine, alla luce delle evidenze della letteratura attuale, comprendente anche la nostra meta-analisi, sarebbe auspicabile poter includere tale esame nei protocolli clinico-terapeutici ministeriali e locali. In attesa di ulteriori ampi studi di conferma, possiamo concludere che l’integrazione con vitamina D3 può rappresentare, insieme alle misure preventive già in atto (isolamento, mascherine ecc) e soprattutto ai vaccini, un’ulteriore ausilio a disposizione dei clinici in questa battaglia», nota ancora l’Asst bergamasca.

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