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L’astronauta di Parolini: sognando lo spazio con materiali di recupero

Il 12 aprile è la Giornata Internazionale dei Viaggi dell’Uomo nello Spazio (International Day of Human Space Flight), ricorrenza decisa dalle Nazioni Unite nel 2011 in occasione dell’anniversario della missione del russo Yuri Gagarin nel 1961 con la Vostok 1. Secondo l’Onu l’avvio dell’era spaziale “rappresenta il simbolo umano della capacità di superare i propri limiti e può essere d’ispirazione anche per migliorare la comprensione, e il rispetto, del proprio pianeta d’origine”.

Per ricordare questa data è stato svelato in questi giorni un nuovo progetto dell’artista bergamasco Ivano Parolini, 45 anni, salutato con soddisfazione anche da Franco Ongaro, sino allo scorso 31 gennaio Direttore Technology, Engineering and Quality preso l’Estec dell’Ente spaziale europeo (Esa) in Olanda ed oggi direttore di Leonardo, dove ha preso il posto di Roberto Cingolani, ministro della Transizione nel governo Draghi.

Ivano Parolini con la sua “tuta” da astronauta

«L’idea di questo site-specific – spiega Parolini – è mettere al centro l’eco-sostenibilità attraverso un approccio innovativo. Siamo portati a credere che l’esplorazione dello spazio punti unicamente ad esplorare pianeti, stelle e galassie, ma non dobbiamo mai dimenticare come l’essere umano (simbolo per eccellenza di ricerca, innovazione, futuro) debba confrontarsi con gli elementi (terra, acqua, aria fuoco) che sono alla base della sua stessa esistenza. Nel progetto pongo l’attenzione sulla visionaria identità del cosmonauta, che per vivere trae energia dall’aria, attraverso condotti che dal corpo si proiettano verso l’esterno, per assorbire energia nuova e “riciclarla”. A legarlo alla Terra ci sono trampoli di scena, ma soprattutto le radici: ecco un legame ancora più prezioso e diretto fra Terra e Universo».

Il progetto di Parolini ha raccolto da subito il plauso anche di Franco Ongaro, che ha lavorato per oltre 35 anni nell’ambito dell’Ente spaziale europeo e che vede in quell’Astronauta con le radici molto più di una semplice installazione artistica.
«Lo spazio – spiega Ongaro, che ha origini bergamasche – non è una disciplina, ma è semplicemente il posto più grande che c’è. È come il mare che ci offre acqua e vita, fauna ittica, divertimento, navigazione, commercio, servizi e coste da presidiare per la sicurezza di stati città e cittadini. Nello spazio oggi si cercano sì nuove frontiere sconosciute, non solo su Marte, ma si fa comunicazione (pensiamo alle reti o ai nostri cellulari che sono di fatto terminali satellitari), ricerca, sicurezza o addirittura turismo. Elon Musk è fra quanti hanno aperto nuove frontiere, soprattutto con la rivoluzionaria opportunità di far ritornare integro sulla Terra il primo stadio dei razzi di lancio. Una scelta “sostenibile” che renderà affrontabili anche i costi: fra qualche decennio andremo sulla Luna come oggi scegliamo di andare in crociera. Saremo ancor più protagonisti diretti».

L’Astronauta di Parolini propone scelte che vanno di fatto in questa direzione: quella per esempio di calarsi personalmente nella tuta, “galleggiando” nell’etere a quasi cinque metri da terra oppure quella di aver scelto per l’allestimento (a prima vista iper tecnologico) solo materiale di recupero. I condotti altro non sono che tubi snodabili della doccia di casa, gli altri accessori sono manopole d’armadio, un vecchio zaino scolastico, una valigetta recuperata in soffitta, addirittura un appendicravatte. Tutto dipinto, adattato e contestualizzato, così come le radici, scelte con cura maniacale nei boschi della Val Gandino.

«Mi sono complimentato con Parolini – sottolinea Ongaro – per la verosomiglianza della tutta che ha riscostruito. La sostenibilità nello spazio è una necessità, poiché non possiamo portarci “ricariche” o approvvigionamenti infiniti dalla Terra. Non a caso i pannelli solari di uso comune hanno avuto una spinta decisiva di sviluppo dalla ricerca spaziale E in tema di sostenibilità si consideri che l’Esa è di gran lunga il maggior fornitore di dati utili sul Climate Change, proprio grazie alla ricerca spaziale».

Ecco allora che il site specifich di Parolini diventa un vero e proprio manifesto, una ricerca che dà anima e motivazione alla tecnologia d’avanguardia. «L’Astronauta – aggiunge Parolini – compie una vera propria performance: va alla ricerca di sfere luminose, metafora di sogni, ideali, obiettivi da raggiungere per diventare persone migliori; per evolversi in qualcosa di nuovo».

In definitiva l’installazione (che nei prossimi mesi sarà allestita al vero e visitabile in un luogo ancora da svelare) è l’appello di un’artista affinché scienza e tecnologia mettano al centro sempre e solo l’uomo e la natura. Temi non nuovi nell’infinita ricerca dell’artista, già ripresi in altre recenti installazioni, come “Il Vitruviano” (a raccontare un modo ingabbiato dalla plastica), Flowers (legato ai temi ambientali del Sinodo dell’Amazzonia voluto da Papa Francesco) e “Oltre”, con migliaia di bottiglie dipinte collocate sotto le volte di Porta S.Alessandro a Bergamo per richiamare l’attenzione sulle dipendenze tecnologiche.

«Noi ingegneri – conclude Ongaro con una battuta – a volti siamo un poco autistici e nemmeno troppo accattivanti. Ma abbiamo una grande passione per la creatività: siamo spesso affascinati dalle macchine e dalla natura, ma è importante avere sogni ed emozioni rispetto ai quali i veri maestri sono senza dubbio gli artisti».

Il servizio di Antenna2:

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