Proseguiamo con gli articoli dedicati alle prossime elezioni politiche e, in particolare, ai candidati all’uninominale dei principali schieramenti in campo nei collegi elettorali per la Camera e il Senato del nostro territorio.
«A me le campagne elettorali ringalluzziscono. Il contatto con le persone e l’ascolto della loro versione dei fatti del contesto attuale è utilissimo per chi vuole fare amministrazione pubblica e politica. Se tu non parli con la gente non capisci quali sono i reali problemi. L’incontro è fondamentale perché è un lavoro di socializzazione e di collaborazione reciproca». È questo lo spirito con cui ha affrontato queste settimane Giacomo Angeloni, candidato del centro-sinistra al Senato nel collegio uninominale di Bergamo (Lombardia U07).
41 anni da compiere il mese prossimo, Angeloni dal 2014 è Assessore del Comune di Bergamo all’innovazione, semplificazione, servizi demografici, sportello polifunzionale, tempi urbani, servizi cimiteriali, partecipazione e reti sociali.
Durante la primavera del 2020, in piena pandemia rese pubblico il suo numero di cellulare così che i parenti delle vittime di Covid potessero contattarlo. «In quei giorni eravamo travolti da uno tsunami. Era saltata completamente la filiera della gestione dei defunti. I parenti non sapevano dove fosse il loro caro, sapevano solo che era morto. Qui non c’entra la politica. Qui c’entra l’amore per la propria città, per quei poveri morti e per il dramma che stavamo vivendo. Non pensi ai filtri: siamo l’Ente più vicino al cittadino. È stato un mettersi al servizio della gente e dei suoi bisogni».
E come si può leggere la sua candidatura alle elezioni politiche?
«Anche questo è un mettersi al servizio. In questo caso di alcune idee che possono cambiare le cose. Purtroppo è ciò che manca in una campagna elettorale che è breve, brutta e si sta polarizzando in uno scontro sterile tra destra e sinistra. Dobbiamo puntare sulle nostre idee. Sono quelle che ci danno la forza di metterci la faccia. La capacità di tradurre in idee alcune proposte che siano realizzabili è sempre stata la forza che contraddistingue il PD e la coalizione di cui faccio parte. Compito dei candidati è far comprendere ai cittadini la complessità delle scelte».
Concentriamoci quindi sulle idee.
«Partirei dall’innovazione. Centrale è il tema di internet, soprattutto in molti comuni delle valli. Sono convinto che nel 2022 si debba parlare di diritto alla connettività e alla connessione. Noi abbiamo ancora luoghi della provincia che sono scollegati. Perciò il nostro impegno è quello di finanziare realmente i cablaggi delle zone che sono le più difficili da raggiungere, costi quel che costi, per portare anche lì la rete 5G. Oggi è impensabile che un ragazzo nato in bergamasca non possa essere messo al pari di un coetaneo nato a Parigi. E lo stesso discorso vale anche per le aziende: se non possono lavorare su internet sono tagliate fuori dal mercato».
Però in alcuni Comuni della Val Seriana ci sono state delle raccolte firme contro il 5G.
«Il 5G non è dannoso per la salute. Anzi, è il futuro. La legge italiana sulle limitazioni alle esposizioni alle onde radio è tra le più restrittive d’Europa. Quindi le antenne del 5G non fanno male e non fanno venire il Covid».
Ma come si finanzia questa spesa?
«Le società telefoniche pagheranno miliardi per l’assegnazione delle frequenze del 5G. Ecco, questi soldi vanno utilizzati per portare internet in tutto il Paese».
Quindi una connessione internet migliore e più diffusa può essere un elemento utile al rilancio delle valli e dei piccoli comuni?
«Assolutamente sì. È uno di quei servizi fondamentali che le persone, le famiglie e le aziende prendono in considerazione quando scelgono dove insediarsi. Dopo la pandemia, poi, per molti è cambiato il modo di lavorare. Oggi si può fare molto stando a casa grazie alla rete. Quindi le province diventeranno sempre più attrattive. Per riuscire a conquistarsi tutti quei nomadi digitali che lasciano le grandi città dobbiamo essere in grado di offrire servizi ottimi e diffusi».
Quali altri servizi potrebbero offrire i comuni delle valli per essere più appetibili?
«Un modo potrebbe essere quello delle comunità energetiche. Se ne parla troppo poco, ma possono consentire a due o più famiglie di condividere l’energia elettrica prodotta con i pannelli fotovoltaici. Così si abbassano i costi delle bollette e si ricevono gli incentivi. Il Parlamento dovrà aumentare questi fondi».
A proposito di costo delle bollette, tema caldo di questi giorni è la crisi energetica. Come si può fare per superarla?
«Prima dell’inverno va messo un tetto al prezzo del gas e bisogna scindere il prezzo del metano da quello dell’energia elettrica. Inoltre, vanno tassati gli extra-profitti. Le aziende che stanno guadagnando miliardi a fronte di un disagio della collettività devono pagare. Se non viviamo il Paese come una famiglia, dove chi sta male viene aiutato da chi sta meglio, andiamo verso la creazione di un divario sociale pericoloso. L’aspetto più paradossale di queste settimane è stato che i partiti che hanno fatto cadere il governo hanno chiesto a Draghi di risolvere il problema, così non dovranno risolverlo loro. Così i partiti di destra dimostrano di non essere all’altezza e si rischia di tornare indietro dieci anni quando fu necessario l’intervento di Monti per salvare l’Italia dal default».
Gli altri schieramenti propongono il ritorno al nucleare per evitare di riaprire le centrali a carbone come in Germania.
«No. Perché ho visto Chernobyl e ho paura. L’emergenza climatica è oggi e se tutto va bene le centrali nucleari riusciremo a riaprirle tra sette o otto anni, quindi non ha senso: il nucleare non risolve il problema».
Anche l’astensionismo, soprattutto tra i giovani, è una questione importante.
«È un fatto drammatico, in particolar modo nella nostra provincia, perché durante la pandemia abbiamo visto cosa vuol dire governare male. Perciò ragazze e ragazzi non fate l’errore di non votare! Sarebbe interessante che la gente prestasse la stessa attenzione che ha verso l’amministrazione comunale anche verso quella nazionale».
A proposito di Covid, parliamo di sanità.
«Va detto che il tema sanitario è un argomento regionale. Sicuramente va ripensata la medicina territoriale. Ma soprattutto il Parlamento deve abolire il tetto di spesa nell’ambito della sanità, così da togliere ogni alibi alle regioni. Vanno evitati anche i tagli. Tremonti è stato il ministro che più ha diminuito i fondi per il settore sanitario e rischiamo di ritrovarcelo. Io lo eviterei».
La medicina territoriale può essere uno di quei servizi utili per i comuni della provincia.
«Certo. Centrale per noi è il tema dei punti nascita, degli ospedali decentrati e il potenziamento delle strutture periferiche, che in Lombardia sono state abbandonate da Formigoni in avanti».
Abbiamo parlato di punti nascita. Cosa si può fare per fermare il calo demografico che contraddistingue l’Italia negli ultimi anni?
«La popolazione della città di Bergamo è in crescita. È un caso raro che infatti si sta studiando. Le persone decidono di avere figli non perché ricevono un bonus, ma perché le loro condizioni di vita lo consentono. Quindi bisogna garantire la stabilità lavorativa, l’accesso facilitato ai mutui per i giovani, la regolamentazione degli affitti e i servizi necessari per i piccoli».
Collegato al problema demografico c’è il tema dell’immigrazione.
«Gli stranieri servono. Sfido tutti coloro che hanno un’impresa a dirmi se trovano un italiano a fare determinati lavori. Basta andare a Scanzo a vedere chi lavora l’uva del Moscato. Quindi, il tema dell’integrazione è fondamentale, perché abbiamo bisogno di loro e anche perché loro fanno sicuramente più figli di noi. In questo ambito la politica della Lega è lontana dalla realtà, è fatta solo di spot. Per governare si deve essere realisti. Se non siamo in grado di integrare, tra qualche anno rischiamo di rivedere in Italia ciò che è successo in Francia. Ecco perché sostenni l’apertura di un luogo di culto per i musulmani in città».
Per evitare ciò bisogna anche combattere la povertà.
«La Caritas dice che sono sempre più le persone che si rivolgono ai suoi servizi perché non arrivano a fine mese. E mi preoccupa il fatto che siano sempre di più gli italiani. Perciò serve ridare ai cittadini più potere d’acquisto: in questo senso si inserisce la proposta del PD di elargire uno stipendio in più all’anno riducendo il cuneo fiscale».
E il Reddito di Cittadinanza può essere utile?
«Sì, anche se sono contro l’assistenzialismo. Come formula di aiuto a una persona che sta ferma non serve. Lo Stato ti aiuta se ti dai da fare. Personalmente lo abolirei per i giovani. Diamolo solo dai trent’anni in poi. Per la fascia d’età precedente rafforziamo il Servizio civile nazionale: un giovane lavora 20 ore a settimana e aiuta la comunità».
Infine, quale è la sua posizione a proposito del conflitto in Ucraina?
«Penso che non si stia realmente parlando di pace e che armare un popolo sia la scelta più facile. Dovremmo investire molto di più sulla diplomazia. La mia idea è diversa da quella del PD, anche se negli ultimi giorni penso spesso alla frase che mi ha detto un signore di 87 anni: “se non ci fosse stato qualcuno che ci dava le armi quando noi abbiamo liberato l’Italia dal nazi-fascismo, tu che partigiani festeggeresti oggi?” Quindi resto scisso, le armi non sono mai la soluzione, però gli ucraini sono stati aggrediti».