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Ad Ardesio è il giorno del Zenerù: il carro già in paese

Primi campanacci ad Ardesio per la Scasada del Zenerù. Hanno accompagnato il carro che questa sera, come ogni 31 gennaio, verrà mandato al rogo in ossequio alla tradizione. Un’anteprima seguita da bambini e ragazzi delle scuole, oltre a un buon numero di curiosi. Non mancavano nemmeno i componenti del gruppo ospite: “I foghi de San Martin de Pàrdàc”, da Predazzo, in Trentino.

Dopo due anni contrassegnati dalle restrizioni per la pandemia, il rito ardesiano di cacciata dell’inverno riprende nella sua forma consueta. E, soprattutto, torna ad essere aperto a tutti. L’appuntamento è alle 20 nel piazzale del ponte Rino (Largo Alessandro Volta), dove questa mattina è stato portato il carro realizzato dai “costruttori”, il gruppo che ogni anno si occupa di dar forma alle idee dell’eremita Flaminio Beretta. È lui, infatti, a decidere il tema e quale avventura far vivere al Zenerù prima dell’inevitabile epilogo tra le fiamme.

«Flaminio Beretta ci spiega come realizzare il carro, anche nei dettagli – spiega Giorgio Fornoni, uno dei “costruttori” -. Noi lo realizziamo seguendo le sue indicazioni. Iniziamo alla fine di novembre e proseguiamo fino a gennaio, quasi ogni sera dopo il lavoro. Siamo in una quindicina. Negli ultimi anni abbiamo avuto anche un ricambio generazionale con tanti giovani che sono entrati nel gruppo con lo spirito giusto».

Nel carro di quest’anno spicca il campanile del Santuario della Madonna delle Grazie che buca le nuvole. Sulla cima è salito Zenerù che tenta di fuggire dal suo destino. Sotto alcuni animali in volo, tra cui l’immancabile capra (il riferimento è al soprannome degli abitanti del paese). C’è pure un cacciatore su una scala che imbraccia il fucile. «Anche questa è un’idea di Flaminio – prosegue Giorgio Fornoni -. Ha voluto che rappresentassimo uno dei primi “costruttori”, Giannino, appassionato di caccia».

L’incontro in municipio con il gruppo ospite

Il carro, questa sera, dopo essersi mosso dal Ponte Rino, percorrerà le vie del centro storico fino ad arrivare nel piazzale della biblioteca, dove verrà bruciato in un grande falò. Ad accompagnarlo anche il gruppo della Val di Fiemme che rappresenta “I Foghi de San Martin de Pàrdàc”. «La nostra tradizione – spiega Giuseppe Facchini, assessore del Comune di Predazzo – consiste in grandi falò che vengono accesi ogni anno l’11 novembre (giorno di San Martino, ndr). I cinque rioni del paese allestiscono le proprie cataste di legno, a cui negli ultimi anni vengono date anche forme particolari: ad esempio, la regina degli scacchi o la coppa del mondo. Alle 20 dell’11 novembre le cataste vengono accese e i ragazzi con i campanacci e tutto quanto fa rumore sfilano lungo le vie del paese. In piazza c’è il ritrovo per la “scampanellata” finale e poi la festa continua fino a tardi».

Un rito molto simile a quello di Ardesio, dunque. Questa sera i predazzani si sentiranno a casa.

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