A tre anni dall’arrivo della pandemia in Italia, la Procura di Bergamo ha chiuso l’inchiesta per epidemia colposa. Sono una ventina gli indagati. Tra loro l’ex premier Giuseppe Conte, l’ex ministro della Salute Roberto Speranza, il governatore della Lombardia Attilio Fontana e l’ex assessore regionale al Welfare Giulio Gallera.
L’inchiesta è stata condotta dal procuratore aggiunto Cristina Rota con i pubblici ministeri Silvia Marchina e Paolo Mandurino e supervisione del procuratore Antonio Chiappani. L’indagine ha cercato di individuare eventuali responsabilità rispetto alla tragedia che colpì duramente il territorio bergamasco, soprattutto la Val Seriana. Tre i filoni dell’indagine: la mancata istituzione della zona rossa in bassa Valle Seriana, il mancato aggiornamento e la mancata applicazione del piano pandemico, la chiusura e l’immediata riapertura dell’ospedale di Alzano.
Tra gli indagati ci sono anche il direttore generale dell’Ats di Bergamo Massimo Giupponi, il direttore generale dell’Asst Bergamo Est Francesco Locati, l’ex direttore sanitario della stessa Asst Roberto Cosentina.
Le indagini hanno portato ad analizzare una rilevante mole di documenti informatici o cartacei, ma anche di migliaia di mail e di chat telefoniche. Ascoltate pure centinaia di persone informate sui fatti. La Procura si è inoltre avvalsa della consulenza di Andrea Crisanti, microbiologo dell’Università di Padova e ora senatore del Partito democratico.
Oggi (giovedì 2 marzo) la notifica degli avvisi di conclusione delle indagini. Sono contestati a vario titolo i reati di epidemia colposa aggravata, omicidio colposo plurimo, rifiuto di atti di ufficio e anche falso.
Il direttivo dell’associazione dei familiari delle vittime Covid19 #Sereniesempreuniti commenta così la notizia della chiusura delle indagini: «Da oggi si riscrive la storia della strage bergamasca e Lombarda, la storia delle nostre famiglie, delle responsabilità che hanno portato alle nostre perdite. La storia di un’Italia che ha dimenticato quanto accaduto nella primavera 2020, non a causa del Covid19, ma per delle precise decisioni o mancate decisioni».
«Da sempre ci siamo battuti per la verità per i nostri cari – continuano gli esponenti del direttivo dell’associazione – nonostante l’omertà che ha sempre contraddistinto questa storia. Siamo andati avanti senza mai scoraggiarci nel percorso di memoria e di giustizia, confidando nella magistratura, e oggi non possiamo fare altro che ringraziare la dottoressa Rota, il suo team, e il Procuratore di Bergamo Antonio Chiappani».
«Questa decisione – concludono i familiari delle vittime – non ci restituisce i nostri cari e non cancella le lacrime che abbiamo versato, ma onora la memoria di chi ha pagato in prima persona. A noi che restiamo dà la forza per continuare a combattere con ancora più determinazione le nostre battaglie: quelle della memoria e della difesa della dignità della vita e della morte, perché il sacrificio dei nostri cari non sia vano e mai più una pandemia o una qualsivoglia emergenza ci trovi così impreparati».