Sala Legrenzi gremita, l’altra sera a Clusone, per ascoltare Giuseppe Remuzzi. Il direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri” è stato invitato dall’Avis Zona 4 e dall’associazione culturale “Il Testimone” per parlare del suo libro “La salute (non) è in vendita”, edito da Laterza. Un testo del 2018, ma ancora molto attuale, soprattutto dopo gli anni di pandemia.
I temi affrontati, unitamente alla caratura e all’autorevolezza del relatore, hanno attirato l’interesse di parecchie persone. In tanti non sono riusciti a trovare posto nella sala di Palazzo Marinoni Barca. Remuzzi si è soffermato sull’importanza della sanità pubblica e sui rischi connessi a una progressiva privatizzazione. Un intervento appassionato e documentato, nel corso del quale il direttore del “Mario Negri” ha messo in luce le criticità e i rischi del sistema attuale.
Lo abbiamo intervistato a margine dell’incontro. «La salute sta diventando un’attività economica – ci ha detto -. Noi avevamo la fortuna di avere un servizio sanitario nazionale, cioè uguale per tutti, indipendentemente dal fatto che uno abbia i soldi o no. Avevamo la possibilità che la gente non dovesse preoccuparsi dei soldi in caso di malattia, ma adesso questo modello lo stiamo perdendo».
«Abbiamo visto col Covid che la sanità deve essere pubblica – ha aggiunto Remuzzi -. La parola mercato non c’entra con la salute. La sanità è l’unica attività in cui si deve tendere a ridurre il fatturato, non ad aumentarlo. Ad esempio, con la prevenzione. I privati possono guadagnare attraverso le assicurazioni o se, ad esempio, uno paga di tasca propria per farsi operare dal tal chirurgo. Ma questo non dev’essere a scapito della sanità pubblica».
Nel video, l’intervista completa in cui il professor Remuzzi parla anche della carenza di medici di base:
