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Valichi: ok alla mozione caccia in Regione, si va al Consiglio di Stato

Il Consiglio regionale della Lombardia ha approvato oggi, martedì 13 maggio, la mozione presentata dai consiglieri di Fratelli d’Italia Giacomo Zamperini e Michele Schiavi, con cui si chiede alla Giunta regionale di impugnare la sentenza del TAR che ha esteso arbitrariamente il divieto di caccia su 475 valichi montani, bloccando l’attività venatoria su oltre 110.000 ettari di territorio. “Si tratta di un atto importante e coraggioso – dichiarano Zamperini e Schiavi – che dà voce ai nostri territori montani e riafferma il diritto della Lombardia a governare il proprio territorio. Con questa mozione, il Consiglio regionale ha scelto di stare dalla parte di chi difende tradizioni secolari, gestione sostenibile della fauna ed equilibrio ambientale”.

Il documento impegna la Giunta regionale a sospendere procedure che generino un inutile aggravio amministrativo ed economico per la Regione, come ad esempio la revoca delle autorizzazioni di appostamenti fissi, fino alla conclusione dell’iter giudiziario, attivare un confronto con Governo e Parlamento per modificare l’art. 21, comma 3 della Legge 157/1992, eliminando l’obsoleto concetto di “valico montano”, non previsto dalle normative europee e di intervenire con una revisione complessiva sulla legge ritenuta ormai obsoleta. “Chiediamo con forza un intervento a livello nazionale che tenga conto dei cambiamenti che in oltre trent’anni hanno modificato radicalmente il mondo venatorio, basti pensare il numero di cacciatori in costante diminuzione ed i cambiamenti climatici.”

“Questa sentenza non è solo un attacco alla caccia – spiegano Zamperini e Schiavi – ma mina l’autonomia regionale e ignora l’equilibrio faunistico che da secoli le nostre comunità mantengono con responsabilità. Decisioni ideologiche e prive di basi tecnico-scientifiche rischiano di compromettere un intero sistema. La recente decisione della Giunta regionale di impugnare la sentenza del TAR, così come chiesto anche dalla mozione, è una presa di posizione netta e coraggiosa, che condividiamo e sosteniamo con forza, auspicando che il deposito del ricorso innanzi al Consiglio di Stato avvenga nel più breve tempo possibile. I consiglieri poi sottolineano i gravi danni che il provvedimento giudiziario potrebbe arrecare: “Il divieto imposto mette a rischio migliaia di appostamenti fissi e compromette l’economia delle nostre valli. Difendiamo il diritto delle Regioni di legiferare secondo criteri di buon senso, rispetto dell’ambiente e tutela delle tradizioni locali. Con l’approvazione della nostra mozione, Regione Lombardia si fa parte attiva nel chiedere la revisione di una normativa ormai superata, allineando la legge italiana alla normativa europea per garantire un futuro sostenibile ai territori di montagna”.

L’Assessore regionale alla Casa e Housing Sociale Paolo Franco interviene con fermezza in merito alla sentenza n. 01516/2025 pubblicata lo scorso 2 maggio dal TAR Lombardia, che impone il divieto assoluto di attività venatoria su 475 valichi montani del territorio regionale. «Ci troviamo davanti a una decisione sproporzionata – afferma l’Assessore – che rischia di compromettere seriamente non solo l’attività venatoria, ma anche la gestione del territorio, la salvaguardia ambientale e le tradizioni rurali delle nostre comunità montane».

La sentenza si basa su una relazione tecnica di ISPRA, che individua in modo estensivo e generico i valichi montani, includendo aree prive di reali caratteristiche orografiche o dati scientifici certi. «Si tratta – sottolinea Franco – di un approccio che snatura completamente lo spirito originario della legge nazionale e sovrappone criteri arbitrari a un tema che merita rigore tecnico e conoscenze aggiornate. A tal proposito, è bene chiarire che non esistono studi recenti sui flussi migratori tali da giustificare l’inclusione di così vaste aree nel divieto».

La Regione Lombardia ha già depositato ricorso al Consiglio di Stato, chiedendo la sospensiva della sentenza del TAR. Contestualmente, l’Assessore Franco ha interessato direttamente il Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, per il tramite del collega Beduschi per attivare un confronto istituzionale urgente e avviare un percorso di revisione normativa.

«Non è accettabile – prosegue l’Assessore – che migliaia di cacciatori e operatori del settore, che hanno investito tempo, risorse e passione nella costruzione e gestione degli appostamenti fissi, vengano penalizzati senza una base scientifica solida. Senza dimenticare che la caccia, regolamentata e sostenibile, è uno strumento essenziale per la gestione della fauna, la prevenzione di fenomeni come la Peste Suina Africana e il supporto all’agricoltura».

«Difendiamo un modello di gestione fondato sull’equilibrio, sulla responsabilità e sul rispetto della nostra storia rurale – conclude Franco –. La Regione Lombardia non farà mancare il proprio impegno per tutelare diritti, territori e comunità da decisioni che rischiano di creare danni irreparabili a un intero sistema ambientale, economico e sociale».

«La questione dei valichi non riguarda soltanto la caccia: riguarda, più profondamente, l’equilibrio tra poteri dello Stato. Non è accettabile che una sentenza emessa da un tribunale – per quanto legittima sul piano formale – finisca per travalicare ogni buon senso giuridico e per incidere così pesantemente su un’attività storicamente regolamentata come quella venatoria. Nel caso in oggetto, ci troviamo di fronte a un’applicazione estrema di norme che si sono rivelate, nei fatti, inadeguate, al punto da determinare un blocco senza precedenti della caccia su circa il 70% del territorio montano e collinare della Lombardia. Il mondo venatorio ha sempre agito nel rispetto della legge e della sostenibilità ambientale. Parliamo di un diritto naturale a un prelievo equilibrato, gestito con responsabilità e secondo criteri scientifici. Ma quando, di fronte a questo diritto, si frappongono meccanismi normativi obsoleti e letture interpretative rigide, ogni tentativo di mediazione o di riforma politica si scontra con una barriera». Queste le parole del consigliere regionale di Fratelli d’Italia Pietro Macconi a seguito dell’approvazione in Consiglio regionale della mozione che chiede alla Giunta di impugnare la sentenza del Tar per difendere i diritti dei cacciatori e del territorio lombardo.

«Da una parte – continua il consigliere -, la buona volontà della politica, che tenta di garantire serenità e certezza al comparto. Dall’altra, un’ostinazione ideologica che trova appiglio in strumenti giuridici ormai slegati dal contesto reale, e che finisce per bloccare ogni prospettiva ragionevole. La discussione che oggi abbiamo avviato in Consiglio regionale nasce da una profonda insoddisfazione popolare, che ritengo legittima. Quella che molti percepiscono non è solo una controversia tecnica tra commi, articoli o dati presunti: è un senso crescente di distacco tra istituzioni e cittadinanza. A conferma di ciò, un ulteriore motivo di profondo disappunto è rappresentato dalla decisione del Tribunale di rinviare – udite, udite – alla primavera 2026 la discussione della vertenza promossa da alcune associazioni ambientaliste presso il TAR, relativa alla nota e annosa questione degli “anellini”. Una questione che, a quanto pare, presenta una tale “profondità giuridica” e una tale “complessità analitica” da non poter essere affrontata in tempi brevi. Anche questa scelta, come spesso accade, alimenta più di una legittima perplessità».

Come asserisce Macconi, «serve più che mai una riflessione profonda sulla riforma della giustizia. Un potere indipendente – com’è giusto che sia – deve anche apparire tale, evitando derive che rischiano di incrinare la fiducia stessa nel sistema. Dopo quasi vent’anni in Consiglio regionale, posso dire che questi meccanismi si ripetono con impressionante regolarità, su ogni tema sensibile. È un metodo che deve cambiare.
Oggi ci troviamo come Sisifo, costretti a spingere ogni volta il masso in cima alla collina per vederlo ricadere, senza mai arrivare a una conclusione. È la fatica di chi vive una condizione che somiglia a una pena senza fine: una sorta di “fine pena mai” applicata alla politica. Un meccanismo che logora, frustra e disillude chi, da anni, chiede solo regole chiare, giuste e rispettate».

«In queste condizioni, né i ricorsi ai tribunali né le modifiche legislative potranno garantire stabilità. E a pagare il prezzo più alto, ancora una volta, è la fiducia dei cittadini – in particolare del mondo venatorio – verso le istituzioni politiche e giudiziarie», conclude Macconi.

Non è mancata la presa di posizione da parte della minoranza, in particolare del consigliere del Pd Davide Casati. “Nella seduta di oggi abbiamo assistito ad una discussione abbastanza surreale, con l’obiettivo da parte dei consiglieri di centrodestra di convincere i cacciatori della bontà delle azioni che il governo regionale compie per sostenere e difendere l’attività venatoria. Ma purtroppo, se oggi Regione Lombardia si trova in questa situazione lo deve soltanto alle continue forzature della sua stessa maggioranza, che l’hanno esposta a continui ricorsi, come più volte da noi segnalato anche in commissione. Il mondo venatorio avrebbe bisogno di norme certe e chiare, come ad esempio il piano faunistico venatorio che ad oggi ancora non c’è, e non di provvedimenti inadeguati, ed ecco perché, al netto della forte critica, ho approvato i punti della mozione che chiedono allo Stato una revisione urgente ed organica della legge 157/1992″.

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