Continua con determinazione l’attività di vigilanza della Polizia provinciale di Bergamo indirizzata al controllo dell’attività venatoria iniziata a fine settembre, con controlli ordinari dei cacciatori, mantenendo comunque alta l’attenzione alla prevenzione del bracconaggio a carico della fauna selvatica.
In questo frangente, caratterizzato dal naturale fenomeno migratorio dell’avifauna verso sud alla ricerca di climi miti, significativi risultati sono stati ottenuti con interventi mirati alla tutela dei piccoli uccelli con la prevenzione e repressione degli atti di bracconaggio con abbattimento abusivo o con reti e trappole, la cosiddetta “uccellagione”, perpetrata sia per catturare specie destinate all’utilizzo come richiami vivi negli appostamenti fissi di caccia che per il consumo alimentare.
Due interventi di particolare rilievo sono stati effettuati nelle scorse settimane. Il primo nel territorio di Palosco, dove un richiamo anomalo è stato subito riconosciuto dagli agenti della Polizia provinciale come emesso da richiami elettromagnetici, strumenti vietati spesso utilizzati per la caccia alla piccola avifauna migratoria. Dopo un accorto e paziente appostamento, gli agenti hanno accertato attività venatoria illecita (di bracconaggio) da parte di una persona del posto sorpresa all’interno di un area privata recintata con orto, pollaio e varie baracche, ove esercitava la caccia con l’uso di un fucile munito di silenziatore e con ausilio di 3 richiami acustici elettromagnetici, uditi appunto in precedenza dagli agenti provinciali.
All’interno della proprietà la persona fermata sparava da un capanno fisso non autorizzato verso un impianto arboreo appositamente creato con piante potate e rami secchi sulle cime, caratteristiche tipiche dei siti di caccia da appostamento, forma di caccia tradizionale del nostro territorio. Nell’occasione veniva accertato l’abbattimento anche di specie particolarmente protette come pettirosso codirosso e luì piccolo. All’interno del capanno veniva rinvenuta una quantità di cartucce cariche tali da presupporre un’attività di caccia intensa e continuativa, posta in essere da diverso tempo.
In seguito alle perquisizioni della proprietà recintata e dell’abitazione dell’indagato, poste in atto a causa delle violazioni penali accertate, venivano rinvenute in ordine sparso e non diligentemente custodite circa 200 cartucce, altri 8 uccelli di media taglia e 18 uccelli di piccole dimensioni, presumibilmente appartenenti a specie vietate, conservati spiumati nel freezer di casa e infine sei gabbie trappola per la cattura di piccola avifauna. Per i fatti accertati la persona veniva così deferita all’autorità giudiziaria per caccia con uso di arma silenziata e mezzi vietati, abbattimento di uccelli proibiti e omessa custodia di munizioni, oltre che rispondere per varie infrazioni amministrative per oltre 1000 euro.
Il secondo intervento antibracconaggio è avvenuto a Foresto Sparso dove gli agenti, durante il pattugliamento del territorio, hanno rinvenuto presso un capanno di caccia con preparazione arborea e pasture attrattive un impianto di cattura abusivo con una rete distesa per 8 metri nella quale vi erano intrappolati 4 pettirossi e una capinera, alcuni già deceduti per le condizioni innaturali conseguenti la cattura. L’appostamento predisposto ha consentito di individuare la persona responsabile, fermata in flagranza dopo che aveva recuperato gli uccelli catturati e riattivato la rete.
La perquisizione effettuata sul posto nel casello rustico di proprietà dell’indagato portava inoltre al ritrovamento di altre 6 reti per l’uccellagione, 3 merli vivi, detenuti irregolarmente in quanto privi della necessaria marcatura inamovibile comprovante la legittima provenienza, e 192 cartucce cariche, anch’esse detenute illegalmente essendo l’indagato privo della licenza di porto d’armi. Si provvedeva naturalmente al sequestro immediato delle reti, di quanto catturato nonché delle munizioni.
Importanti anche in questo caso le implicazioni penali: oltre all’esercizio dell’uccellagione e detenzione abusiva di munizioni, ancor più pesante l’applicazione del reato di maltrattamento di cui all’articolo 544 ter del Codice Penale, con sanzioni previste da 5 a 30 mila euro, configurabile, secondo ormai consolidata giurisprudenza e molteplici sentenze di cassazione, per l’uccellagione sia con uso di reti che con trappole.
«Per la Polizia provinciale rimane prerogativa principale il presidio del territorio, operando con impegno e professionalità per la tutela della fauna selvatica che è e deve rimanere patrimonio dell’intera collettività», commenta il comandante Matteo Copia.