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Il primo impegno del Rettore clusonese

Primo impegno per il nuovo Rettore dell’Università degli Studi di Bergamo, il professore clusonese Remo Morzenti Pellegrini, già Prorettore e direttore del dipartimento di Giurisprudenza, da oggi e per i prossimi sei anni, nuova guida dell’Ateneo. Per prima cosa il Rettore ha voluto incontrare gli studenti con l’apertura delle attività del dipartimento di “Lingue, e letterature straniere e comunicazione”, ben 1100 matricole che hanno occupato la nuova aula magna in Sant’Agostino.

«Sono un po’ emozionato – ha detto Morzenti Pellegrini – perché si può dire che anche per me questo sia il primo giorno, nel senso che questo è il mio primo impegno ufficiale quale Rettore dell’Università degli studi di Bergamo. Ho voluto essere presente qui per dare una calorosa e affettuosa accoglienza ai nuovi iscritti del vostro Dipartimento e per augurarvi buon lavoro per il corso di studi che iniziate ad affrontare oggi; l’augurio non è rivolto solo a voi, ma simbolicamente, a tutti i vostri colleghi di tutti i dipartimenti dell’Ateneo. State per intraprendere un percorso straordinario. E questo perché l’esplorazione della conoscenza è seducente e affascinante».

Nel discorso del nuovo Rettore un forte stimolo per la crescita degli studenti. «L’istruzione universitaria – ha detto – alimenta il dubbio, la curiosità: essa dev’essere di tutti, come vuole la Costituzione all’articolo 33, che recita: “I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.”, in modo tale che da essa escano cittadini, non sudditi. Proprio per questo, l’avventura che state per iniziare necessita di impegno severo e costante, che presuppone un’assunzione di responsabilità innanzitutto nei confronti di voi stessi, prima che verso gli altri, perché qui iniziate a costruire la vostra vita, il vostro futuro. La Nostra Università è anche la Vostra, e sarà la vostra casa: rispettatela e vivetela fino in fondo. Lo studio universitario, tra le altre cose, conduce all’autonomia di pensiero che ciascuno deve avere per approcciarsi criticamente alla vita. Lo studio è pertanto non solo lo strumento principale per costruire la propria libertà, ma soprattutto un’occasione privilegiata per capire la vita. Occorre tuttavia persuadere molta gente che anche lo studio è un mestiere, e molto faticoso».

È lo stesso Rettore che per primo comprende la fatica quotidiana degli studenti. «Non è solo un lavoro intellettuale – ha continuato -, ma anche muscolare-nervoso: è un processo di adattamento, è un abito acquisito con lo sforzo, la noia e anche la sofferenza. Ma non lasciatevi ingannare dai falsi miti che profetizzano ai più giovani un successo veloce ed immediato, che non richiede alcun sacrificio. L’università serve, l’istruzione serve! Se oggi abbiamo una concreta possibilità di uscire dal momento difficile che tutti stiamo attraversando, questa è nella conoscenza. Il dovere ultimo dell’Università è dunque quello di educare le giovani menti ad adempiere meglio i loro rispettivi compiti nella vita, e di renderli membri più intelligenti, più capaci e più attivi della società».

Il Rettore ha poi chiesto agli studenti di essere per prima cosa protagonisti. «Il mio invito rivolto a voi tutti vuole essere quello di essere protagonisti di questo eccezionale periodo della vostra vita. Questo protagonismo lo dovete costruire giorno dopo giorno, nella consapevolezza che l’Università è una Comunità nella quale voi studenti siete al centro. Vi esorto pertanto ad essere curiosi e consapevoli. Curiosi di imparare nuove discipline, di apprendere nuovi saperi, ma soprattutto di com-prendere il mondo che vi circonda. Ma anche consapevoli che l’Università, e in genere il mondo della formazione, serve innanzitutto a formare non specialisti, ma persone. Noi professori abbiamo il dovere di formarvi al meglio ed essere per voi un punto di riferimento. Voi studenti avete invece il dovere di impegnarvi con impegno, assiduità e passione. Solo così lo studio non diventa una fatica che a volte può apparire insuperabile».

Per concludere il discorso una citazione. «Voglio lasciarvi – ha concluso – con una citazione di John Henry Newman, che nella seconda metà dell’Ottocento, pronunciò queste parole: “L’Università non è una culla per poeti o autori immortali, per fondatori di scuole, capi di colonie o conquistatori di nazioni. Non promette una generazione di uomini come Aristotele Newton, Napoleone o Washington, Raffaello, Shakespeare, per quanto in passato abbia ospitato tra le sue mura questi miracoli di natura. Né si accontenta d’altra parte di formare il critico o lo sperimentatore, l’economista o l’ingegnere, per quanto anche questi rientrino nel suo campo d’azione. Ma l’educazione universitaria è il grande mezzo ordinario per un fine grande, ma ordinario: mira ad elevare il tono intellettuale della società, a coltivare lo spirito pubblico, a purificare il gusto nazionale, a fornire principi veri all’entusiasmo popolare e scopi definiti alle aspirazioni popolari, a dare ampiezza e sobrietà alla idee dell’epoca, a facilitare l’esercizio del potere politico e a rafforzare i rapporti della vita privata”. Ed è con questo pensiero finale che vi auguro buon lavoro e vi do il benvenuto all’Università degli Studi di Bergamo».

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