Carcere e università: a Bergamo il rapporto dura da più di un decennio. I progetti, le prospettive e i percorsi di rieducazione sono stati al centro di un seminario (“Carcere ed educazione: l’impegno delle istituzioni”) che si è tenuto presso la Sala Conferenze della sede di Sant’Agostino dell’Università degli Studi di Bergamo, alla presenza del Magnifico Rettore Remo Morzenti Pellegrini.
«La rieducazione dei detenuti è un mandato sociale – ha ricordato Antonino Porcino, direttore della Casa Circondariale di Bergamo -, è un impegno che vede coinvolte tutte le istituzioni». In provincia di Bergamo il primo protocollo stretto tra il carcere e l’università risale al 5 ottobre 2004. «È indubbiamente – continua – una collaborazione ben collaudata, che ha già dato i suoi frutti, infatti considerando i detenuti che riprendono la scolarità, parecchi proseguono facendo anche l’università. Quest’anno sono tre gli immatricolati. Inoltre la collaborazione è più ampia perché diamo l’opportunità agli studenti dell’Università degli Studi di Bergamo di svolgere un tirocinio all’interno della struttura. Ogni anno si tiene almeno un seminario rivolto agli studenti. La rieducazione coinvolge più istituzioni: c’è anche l’educazione permanente degli adulti che vede il coinvolgimento stabile di otto insegnanti. Ci sono cooperative che collaborano con noi e tentiamo di dare un’offerta completa che riguarda anche e soprattutto il lavoro».
«Il carcere è un microcosmo – spiega il professore Giuseppe Bertagna, direttore del Dipartimento di Scienze Umane e Sociali dell’Università degli Studi di Bergamo -: ci sono anziani, adulti, giovani, mamme e bambini. Questo progetto consente da un lato di aumentare la presenza delle nostre attività in carcere e dall’altro di trasformare il carcere stesso in un oggetto di ricerca scientifica. Noi dobbiamo produrre ricerca e abbiamo già previsto numeri speciali della nostra rivista di fascia A (a livello internazionale) su questi temi. Coinvolgeremo non solo i nostri colleghi, ma anche persone che in carcere contribuiscono a sviluppare questo tipo di lavoro. È importante inoltre la connessione con il territorio: non devono mettersi in rete solo carcere e università, dobbiamo essere i motori di una relazione e di una rete sociale che si amplia a tutte le altre articolazioni della società». Maggiori informazioni sulla Casa Circondariale di Bergamo.
















