Gli amanti del formaggio lo sanno, quello di monte ha quel qualcosa in più: è il sapore di genuità. Dietro c’è un grande lavoro e tanta sapienza di chi vive la montagna per davvero. E se per anni il formaggio di montagna è stato scalzato dalle nostre tavole da produzioni industriali, che di naturale magari avevano solo il verde della confenzione in plastica, fortunatamente oggi c’è un ritorno alle origini. E una buona formagella non è solo un buon prodotto da vendere, è anche una delle tante voci che consolidano l’attrattiva turistica di una località.
Questa mattina presso la sede della Comunità Montana della Valle Seriana è stato presentato il progetto “ValOrobie, alpeggi da vivere!” e lo studio di fattibilità che è stato reso possibile dal finanziamento del Parco delle Orobie Bergamasche con la collaborazione dell’Associazione Val.Te.Mo (Associazione per la Valorizzazione del Territorio Montano) con sede a Edolo; iniziativa che ha coinvolto Parre, Gorno, Oneta, Ponte Nossa e Premolo.

«Il progetto è nato subito come d’area – spiega Omar Rodigari, consigliere delegato al Turismo del comune di Parre e coordinatore della Cabina di Regia – e ha interessato le amministrazioni dei dei Comuni. Ci siamo mossi con il desiderio di coinvolgere tutti i portatori di interesse che possano concorrere nella promozione di una vita in montagna sostenibile. Al centro ci sono i prodotti caseari, da sempre eccellenza del nostro territorio anche se forse poco conosciuti. Vaccaro, Forcella, Fop, Valmora, Leten, Camplano, Grem: è tutta un’area caratterizzata da una produzione di qualità».

«L’obiettivo è quello di mettere in rete la produzione di formaggio di alpeggio – afferma Simona Pezza, assessore alle Attività Produttive e Agricole della Comunità Montana –. Per ora c’è uno studio di fattibilità, penseremo poi al potenziale sviluppo di un marchio che possa contraddistinguere la produzione della Val Dossana e della Val del Riso».

«Lo studio – spiega Enrica Maestrini, assessore alla Cultura, Pubblica Istruzione, Sport, Tempo Libero e Servizi Sociali del Comune di Oneta – mira a conservare la produzione senza snaturare il prodotto per via del mantenimento di standard. È importante per noi mantenere le caratteristiche tipici dei formaggi».
«Parliamo di un territorio interessante – ha detto il dottor Emanuele Morlotti, tecnico che ha seguito i sopralluoghi del progetto – sia dal punto di vista produttivo, sia naturalistico. Si inserisce in un ambiente naturale lontano dai centri abitati, un territorio montano attraversato da percorsi turistici. Si mira alla valorizzazione di un buon prodotto associando i diversi allevatori».
«Noi siamo condizionati dalla produzione industriale – ha detto a margine della conferenza stampa Silvio Magni, fiduciario di Slow Food Valli Orobiche – per questo la manodopera è vista spesso solo come un costo. Nella trasformazione dei prodotti agricoli il lavoro è invece un valore. La sapienza del casaro che sa interpretare il territorio fa davvero la differenza. Penso che i nostri formaggi costino troppo poco. In Trentino ci sono formaggi che costano 20 euro al chilo».

Negli ultimi anni l’attenzione verso il mondo della produzione casearia è cresciuta notevolmente: basta ricordare quante persone lo scorso anno hanno preso parte alla visita guidata sul monte Grem con tappa in un alpeggio per vedere da vicino la produzione di formaggio.