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Braccio di ferro con le multinazionali dell’olio di palma

È una vicenda complessa quella che riguarda un salesiano originario della Valle di Scalve, missionario dall’altra parte del mondo.

Cercare di mettere in pratica la “Laudato Si’” di Papa Francesco: è il principio guida con cui in Papua Nuova Guinea l’arcivescovo di Rabaul, monsignor Francesco Panfilo, sta affrontando i poteri che gravitano nell’orbita del settore dell’olio di palma nel Paese dell’oceano Pacifico.

Nelle scorse settimane (il 9 giugno) un collaboratore legale dell’arcivescovo, impegnato nella difesa dei diritti dei piccoli proprietari terrieri, ha ricevuto un decreto di espulsione del Governo. Il missionario laico Douglas Tennent (il 12 giugno) è stato messo su un aereo per il suo Paese, la Nuova Zelanda. Un’azione che non ha intimidito l’arcivescovo che ha smosso, nell’ottica di tutelare l’ambiente e i diritti dei proprietari terrieri nel West Pomio (Est New Britain Province), anche il segretario generale della Conferenza dei Vescovi della Papua Nuova Guinea e Isole Salomone, Victor Roche.

«La responsabilità ultima è dell’arcivescovo, se c’è bisogno dunque di rimpatriare qualcuno per quello che stiamo facendo, costui è proprio il sottoscritto»: ha scritto alle autorità monsignor Panfilo durante le ore cruciali in cui si è cercato di contrastare il provvedimento di ritiro del visto di mister Tennent, neozelandese che ha insegnato Legge presso l’Università statale di Port Moresby in Papua Nuova Guinea.

Secondo quanto racconta monsignor Francesco Panfilo, gruppi e singoli individui (non la totalità dei proprietari) hanno chiesto il supporto dell’Arcidiocesi Cattolica di Rabaul nel far valere i loro diritti e ragioni nei confronti di una grande multinazionale malese che, nel 2010, ha sottoscritto accordi con i locali per lo sfruttamento del legname per la produzione di olio di palma. Proprio su questo fronte era impegnato Douglas Tennent, accusato dall’Ufficio Immigrazione di aver violato le condizioni del visto. «Un lavoratore instancabile – lo definisce Panfilo -, un uomo impegnato a dare voce ai deboli senza percepire alcun compenso». Il missionario non ha però mai agito di propria iniziativa, ma sempre su mandato del Consiglio Economico e del Board per la terra dell’Arcidiocesi. Per questa ragione Mons. Panfilo sostiene a gran voce che non sia Tennent il responsabile di queste presunte violazioni, ma eventualmente l’arcivescovo stesso. Nonostante l’Arcidiocesi fosse riuscita a ottenere un’ordinanza che bloccasse il provvedimento di espulsione, l’Ufficio Immigrazione ha, in modo coatto, rimpatriato Tennent in Nuova Zelanda.

«La nostra Diocesi – spiega Panfilo – ha come unico interesse quello di portare la pace e l’unità tra le persone. Le persone del West Pomio non chiedono di fermare il progetto della società malese ma, attraverso l’Arcidiocesi, domandano un nuovo accordo che possa rispettare l’ambiente e offrire servizi alla popolazione». Secondo un comunicato della Diocesi di Rabaul: «gli accordi già stipulati sono sfavorevoli per i proprietari terrieri, i pagamenti sono inadeguati e in ritardo e non sono rispettati alcuni luoghi sacri per la popolazione indigena. Si chiede infine attenzione alla tutela ambientale».

Il 21 giugno l’arcivescovo ha preso parte a un incontro con il fine di trovare una mediazione che riesca a evitare lo scontro legale tra la multinazionale e i proprietari terrieri. Il 12 luglio è infatti fissata l’udienza per ridiscutere gli accordi tra le parti.

Sul secondo fronte, vale a dire l’allontamento di mister Tennent, l’arcivescovo salesiano, originario di Vilminore di Scalve, martedì 27 giugno si è recato a Port Moresby per incontrare il capo del Dipartimento dell’Immigrazione, a cui ha richiesto un nuovo visto per il collaboratore legale. I presupposti sembrano buoni: il rapido rientro di Douglas Tennent sembra possibile e potrebbe rivelarsi utile anche per l’udienza del 12 luglio. Si parla di circa 800 proprietari terrieri coinvolti nella vicenda.

A questo link un’intervista a monsignor Panfilo rilasciata nelle ultime ore pubblicata sulla sua pagina Facebook.

Nelle scorse settimane in Papua Nuova Guinea il caso ha interessato anche i media nazionali Post-Courier Papua Nuova Guinea, Papua New Guinea Today.

Dei fatti si è occupata anche la rivista del Pime Mondo Missione. A questo link un articolo dell’agenzia d’informazione salesiana. 

Ecco alcuni articoli di media esteri: Radio New Zeland e ABC Australia.  

Qui alcuni video di media locali: le proteste per la deportazione, la politica locale si schiera sulla vicendala conferenza sull’espulsione.

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