«La Svizzera non è l’America, l’America è l’Italia»: sono le parole che il datore di lavoro disse a l’allora diciottenne Valeria Quaglia Generoso quando decise di andare all’estero.
Valeria, da oltre cinquant’anni in Svizzera, a Neuchâtel, oltre a ricevere il cavalierato, ha ricoperto importanti cariche in diversi ambiti.
Prima di partire Valeria viveva in Città Alta a Bergamo e aveva un lavoro alla Crespi a Trezzo d’Adda, ma decise di trasferirsi per essere più vicina a sua madre. Era il 1962. «In Svizzera ho conosciuto mio marito – racconta – e dopo un anno e mezzo ci siamo sposati. Ho avuto due bei figli: un maschio di nome Marco e una bellissima figlia di nome Cinzia. Purtroppo la vita non è stata generosa con me, ho perso mio marito all’età di 37 anni, lui ne aveva 43 e i figli erano ancora minorenni».
«Senza mio marito – ricorda – ho sentito il bisogno di aiutare i miei connazionali. Tramite un amico di famiglia sono entrata nell’Associazione Italiana di Fleurier. Allora i componenti erano tutti uomini. Non vi dico quello che ho provato: in quel periodo, le donne non erano ammesse nei comitati. Inoltre il fatto di essere vedova non mi aiutava. Eppure mi sono messa in testa di andare avanti comunque per la mia strada e il destino mi ha portato a essere eletta per il CoCoCo, (Comitato di Coordinamento Consolare), poi trasformato nel CoEmIt (Comitato di Emigrazione Italiano) e di nuovo in ComItEs (Comitato degli Italiani all’Estero)».
In Svizzera Valeria ha sempre lavorato, cambiando anche diversi contesti: è stata in una ditta di macchine fotografiche, in una maglieria e in un’altra ditta orologi. Valeria si è inserita anche in diverse realtà associative locali. «Sono stata per dieci anni presidente del Circolo dei Bergamaschi nel Mondo cittadino – spiega -. Contemporaneamente mi hanno eletta membro del C.I.P.E. (Comitato Italiano Promozione Educativa, attivo nella promozione di corsi di lingua e cultura Italiana), dove ho operato per 10 anni. Per altri 10 anni sono stata membro della Commissione mista del Dipartimento dell’Istruzione pubblica di Neuchâtel. Per cinque anni sono stata segretaria dell’associazione Pal Friul. Ho collaborato al periodico per i soci bergamaschi ʺNòter de Bèrghem″. Sono entrata nel sindacato FTMH. Sono stata giudice del Tribunale per la difesa dei operai in causa con i loro titolari. Segretaria dell’Associazione Italiana di Fleurier e anche presidente della Federazione dei Circoli Bergamaschi nel Mondo della Svizzera. Ho preso parte al CTIE (Comunità di lavoro per l’integrazione degli stranieri), sono stata rappresentante degli italiani nel Cantone di Neuchâtel. Ultimo, non per importanza, anzi, sono stata consigliera generale per 4 anni nel comune in cui risiedo Val-de-Travers».
Valeria ha ricevuto anche il premio «Salut l’Etranger di Neuchâtel», il titolo di Ambasciatore della Città di Bergamo e il Premio Ulisse dalla Provincia di Bergamo. «Ora dall’Ambasciata – aggiunge – mi hanno nominata “Corrispondente Consolare” per le carte d’identità dei connazionali che non possono andare fino a Berna (parecchi sono anziani e hanno mobilità ridotte)».
A Neuchâtel arrivano numerosi bergamaschi in cerca di lavoro. «Vi posso assicurare che parecchi giovani mi contattano quasi ogni giorno – quello che mi fa male al cuore è vedere che si tratta di giovani che hanno fatto studi universitari e chiedono di fare qualsiasi cosa, anche il lavapiatti, pur di andare all’estero».
«Pensando a quando il datore di lavoro disse che l’America era in Italia – afferma Valeria – credo che per certi versi avesse ragione. Esempio: ai tempi qualcuno in Italia andava in pensione a 49-50 anni, altri solo con 15 anni di lavoro. Qui in Svizzera l’età era più alta: 60 anni, poi la soglia è stata alzata anche qui».
«L’Italia ovviamente mi manca, malgrado tutto è la mia patria e anche se malandata e mal gestita che sia, io l’amo. Sarà sempre la mia patria e quando suonano l’inno nazionale d’Italia all’ambasciata per la festa nazionale del 2 giugno faccio fatica a trattenere l’emozione, mi commuovo sempre».