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“Lo sviluppo non passa dal consumo del suolo”

Il suolo che ci resta: un bene non sostituibile che offre spazio per la vita di diverse specie, dà ossigeno e cibo con le piante che vi affondano le radici, drena e filtra l’acqua; terreno di cui avere cura in quanto per la sua stratificazione occorrono millenni, mentre in pochissimo tempo lo si può sprecare.

Di fronte a un futuro in cui non possono essere attuate scelte legate a un modello non sostenibile come quello che ha caratterizzato i decenni scorsi, ieri a Clusone è andata in scena la serata promossa dall’associazione “Il Testimone” dal titolo
“200 anni di consumo del suolo, tendenze e prospettive future”. Sono intervenuti il geologo del Cnr Sergio Chiesa e l’urbanista Davide Cornago, introdotti dall’urbanista Gianni Facchini.

«Abbiamo consumato le parti che potevano essere occupate – ha detto Chiesa –
diventa difficile quindi arrampicarsi lungo le montagne, in un’area in cui i versanti non sono stabili e non possiamo quindi riempirli di case. E quando capitano disastri ce li siamo anche un po’ andati a cercare. L’avere costruito dove non si poteva porta ad avere danni catastrofici di fenomeni naturali. Dobbiamo renderci conto che certe aree non possono essere occupate da beni immobili».

«Sviluppo economico e consumo del suolo non sono collegati – ha detto Cornago – anzi il consumo del suolo ci porta a mettere sotto stress il terreno che usiamo per l’agricoltura per renderlo più redditizio di quello che può esserlo. E purtroppo si continua a costruire e a pianificare lo sfruttamento dei territori: i Pgt lombardi del 2014 prevedevano l’edificazione di una superficie pari a 4 Milano. Servono politiche abitative diverse, che tengano in considerazione il rispetto dell’ambiente. Continuiamo a costruire strade che non ci servono e a consumare il suolo migliore che potremmo destinare invece all’agricoltura e a quindi alla produzione del cibo che ci serve. Negli ultimi anni l’Italia ha perso l’autosufficienza alimentare, ora stiamo importando il 20% di quello che consumiamo sulle nostre tavole. L’effetto è anche la realizzazione di interporti, grandi piazzali per i camion che portano dall’estero le merci di cui abbiamo bisogno e con l’ulteriore conseguente sottrazione di territori all’agricoltura».

E cosa possono fare i cittadini? «In teoria- ha detto l’urbanista – possiamo intervenire affinché i singoli possano pretendere un serio processo di valutazione ambientale in cui tutti gli aspetti siano valutati e discussi». Durante la serata è stata posta inoltre particolare attenzione all’enciclica Laudato si‘ di Papa Francesco, vero e proprio appello per la sopravvivenza di tutti noi attraverso il rispetto e la tutela del creato.

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