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Bergamo con la valigia: la Nuova Zelanda di Daniele

Un po’ di coraggio, a volte basta quello per lasciarsi alle spalle quello che si conosce per scoprire qualcosa di nuovo. Lo sa bene Daniele Filisetti, un giovane originario di Castione della Presolana di 27 anni che negli ultimi quattro anni ha accumulato esperienze in giro per il mondo. Spagna, Australia, sud est asiatico, Nuova Zelanda e ora di nuovo in Australia.

«In estate aiuto i miei genitori che gestiscono il rifugio San Lucio a Clusone – racconta Daniele -. Poi appena finisce la stagione parto per nuove destinazioni. Ho scelto di viaggiare, vado in posti sconosciuti per iniziare da zero, conoscere nuove persone e culture. Mi infonde energia partire senza sapere chi incontrerò. Credo che questa sia una cosa che spaventa molti, ma in fondo penso che siano proprio le paure a frenare i sogni».

Daniele ha studiato Scienze Motorie all’Università Cattolica di Milano, dei cinque anni accademici, uno lo ha speso all’estero con il progetto Erasmus. L’esperienza a Valencia, in Spagna, ha alimentato la sua voglia di viaggiare.

«Il motivo principale che mi spinge a ripartire sono le incredibili esperienze che ho vissuto – continua -. Anche se dovesse arrivare il momento in cui le cose non vanno come vorresti, perché le situazioni negative ci sono qui, tanto quando via, so per esperienza che dopo un giorno no può arrivarne uno strabiliante che ripaga 1000 volte le situazioni difficili».

Appena arrivato in Australia ci ricorda l’esperienza dello scorso anno in Nuova Zelanda. «Un Paese fantastico – racconta -: paesaggi incontaminati, arcobaleni, fiumi, montagne innevate, laghi e tanto verde. A livello naturale il posto più bello che ho avuto modo di vedere. Lavorando in un’agenzia di viaggi ho potuto visitare il Paese in ogni angolo. Bellissimo! Ho avuto la possibilità di bere da fiumi pulitissimi, respirare l’aria delle montagne e foreste ancora incontaminate. I neozelandesi sono un misto tra europei e maori, sono persone molto legate alla tutela e conservazione dell’ambiente. L’ecosistema neozelandese è molto fragile ed è stato rovinato negli ultimi 100 anni da nuove piante, animali, insetti e batteri importati su di una terra rimasta isolata per millenni. Per questo i controlli sui bagagli sono molto severi».
I motivi di tale rigidità sono da ricercarsi in alcuni episodi accaduti negli ultimi decenni. «Un esempio – continua – è stata l’introduzione accidentale di ratti e procioni: animali non autoctoni che stanno mettendo a repentaglio la vita di molte specie. Un esempio è l’uccello Kiwi, simbolo della Nuova Zelanda. Aprendo una parentesi: molti pensano che i neozelandesi siano chiamati “kiwi” in associazione all’omonimo frutto, in realtà è il volatile che condivide questo nome a essere il simbolo del Paese e di conseguenza ad avere la paternità del soprannome. Questo animale, praticamente a rischio estinzione, è un simpaticissimo uccello con il becco lungo e senza ali. Perché senza ali? In Nuova Zelanda non esistevano predatori che potessero metterlo in pericolo ed è quindi sopravvissuto anche senza la facoltà di volare. Ora invece è a rischio estinzione e per questo super protetto. Molti vengono reintrodotti su piccole isole lacustri dove sono al riparo dai predatori».

Essere italiani aiuta in qualche modo? «Secondo la mia esperienza è un punto a favore – racconta Daniele -. Alle persone si illuminano gli occhi quando parlo dell’Italia. La nostra storia, cultura, arte e le bellezze naturali contribuiscono ad alimentare l’immagine positiva del nostro Paese, nonostante le brutte figure dei nostri politici negli ultimi anni, continuiamo a essere un Paese amato e ammirato».

La Nuova Zelanda rappresenta una meta per certi versi diversa da tutte le altre, sicuramente unica, e per tanti motivi molto ambita tra chi decide di fare la valigia. «Non è solo una questione di costi per il viaggio – spiega -. Per chi volesse andarci a lavorare, fino ai 30 anni c’è la possibilità di richiedere il working holiday visa (visto lavoro vacanza) che permette di lavorare e vivere in Nuova Zelanda per un anno. Sopra i 30 la possibilità di lavorare si restringe, accettano più che altro solo chi volesse venire in vacanza per una durata massima di 3 mesi. Per quanto riguarda le vaccinazioni, non ci sono specifici controlli a meno che uno abbia vissuto per lungo tempo in aree considerate a rischio (in zone dell’Africa o dell’Asia). Comunque tutte le informazioni utili si possono trovare sul sito del governo neozelandese (Govt.nz – https://www.govt.nz)».

All’estero cosa hai trovato di bello? «Oltre ai posti, quello che caratterizza il viaggiare è incontrare le persone. Sono i momenti condivisi, le emozioni, i sorrisi, gli scambi di idee che ti lasciano qualcosa. Molte persone hanno paura di trovarsi sole, di non avere amici, mentre nel mondo ci sono migliaia di ragazzi, uomini e donne come noi. L’importante è buttarsi. Certo poi gli affetti mancano quando sei via».

Tra la rete di contatti di Daniele ci sono altri giovani in giro per il mondo. «Conosco molti ragazzi delle nostre valli che stanno viaggiando: chi in Europa, chi in America o Asia, mentre non sapevo che esistessero circoli di bergamaschi organizzati in un Ente. Sui social si trovano gruppi di italiani all’estero e quindi contatti anche solo per un consiglio».

I circoli e le delegazioni dei Bergamaschi nel Mondo sono invece un punto di riferimento fisico attraverso i quali, oltre a qualche consiglio e supporto, è possibile organizzare attività che alimentano i rapporti tra nazioni. Non secondaria la possibilità di passare un po’ di tempo con persone con cui si condivide la provenienza. In questi anni stanno nascendo nuovi circoli, basta un gruppetto di pochi giovani per avviare una delegazione.

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