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Malattie professionali, Bergamo supera anche Milano

Calano le morti sul lavoro, in Bergamasca. Prendendo in considerazione gli ultimi due decenni, le vittime si sono dimezzate. Ben diversa, invece, è la tendenza per quanto riguarda le malattie professionali: la nostra provincia, purtroppo, ha il primato in Lombardia.

Sicurezza e salute sui luoghi di lavoro sono stati al centro del consiglio generale della Fim, i metalmeccanici Cisl. L’incontro, al quale hanno partecipato il formatore Gian Mario Poiatti e il funzionario Ats (Agenzia di tutela della salute) Giorgio Luzzana, ha portato a formulare una serie di proposte e considerazioni, partendo dai numeri di una ricerca recente.

In provincia di Bergamo si è passati dai 116 morti sul lavoro registrati tra il 1999 e il 2008, ai 58 caduti dal 2009 al dicembre scorso. Numeri che non comprendono gli incidenti in itinere, ma solo gli avvenimenti “di fabbrica o cantiere”. «Un trend statisticamente rassicurante, anche se negli ultimi mesi abbiamo dovuto piangere ancora troppi colleghi rimasti vittime mentre lavoravano – dice Luca Nieri, segretario generale della Cisl di Bergamo -. E finché ci sarà un infortunio sul lavoro non potremo fare di finta di niente. Dobbiamo riuscire come mai in passato a mettere al centro del nostro dibattito il lavoratore e la cultura della sicurezza».

Cultura e formazione dovranno tener conto del fatto che più del 60% degli infortuni occorsi nelle fabbriche bergamasche è dovuto a comportamenti erronei del lavoratore, evidenzia la ricerca. Dai dati presentati emerge anche che il 33% degli incidenti mortali è avvenuto in edilizia, il 28 in meccanica e il 22% in agricoltura. Per un terzo, gli infortuni sono capitati a causa di movimentazione con mezzi di sollevamento, un quarto per cadute dall’alto e il 17% per colpa delle attrezzature di lavoro.

Preoccupa, inoltre, l’incidenza sulla nostra provincia delle malattie professionali:­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­ su 3766 denunce lombarde all’Inail, 1044 sono di lavoratori bergamaschi, ben oltre gli 809 bresciani e quasi tre volte più dei milanesi. Un dato davvero preoccupante, se si considera che Brescia e, soprattutto, Milano sono realtà più grandi della nostra.

Per la Fim è assolutamente necessario che le aziende facciano il possibile per dotare gli stabilimenti di ogni attrezzatura e dotazione necessaria a garantire sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, ma soprattutto contrastare gli atteggiamenti sbagliati dei lavoratori «che mettono in discussione l’approccio culturale alla sicurezza».

«Con la “quarta rivoluzione” – sottolinea Nieri – la tecnologia ci dà una mano, ma non possiamo pensare che ci si possa limitare a investire solo in innovazione e non ci si preoccupi di curare quelle che sono le condizioni in cui viene inserito il lavoratore. Oggi dobbiamo uscire dalle lamentazioni sterili e diventare proattivi nel costruire elementi di crescita nei luoghi di lavoro per una percezione più attenta al rischio».

Diventa fondamentale, quindi, non solo una formazione trasversale, ma l’organizzazione. «Bisogna permettere ai lavoratori di partecipare alla definizioni dei cicli di produzione, e non solo per le esigenze produttive, ma su quelle della persona». Del resto, come ha sottolineato Poiatti, «la letteratura dimostra un forte legame tra le modalità di rappresentanza e consultazione dei lavoratori e il miglioramento dei risultati in termini di salute e sicurezza».

Il segretario dei metalmeccanici Cisl conclude: «Dobbiamo pretendere che la formazione sia formazione vera, che permetta ai lavoratori di percepire di cosa si parla. Gli strumenti che già ci sono dobbiamo applicarli  correttamente: ricondurre le nostre persone a questa

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