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Ricorso sulla variante dell’ex Mirage di Clusone, cosa ha deciso il Tar

Lo scorso giovedì (10 gennaio) il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia (sezione seconda), ha pubblicato il pronunciamento sul ricorso proposto dall’Associazione Clusonecentro-Commercianti del centro storico e un gruppo di attività per l’annullamento delle delibere di adozione e approvazione definitiva (rispettivamente del 31/01/2017 e 23/05/2017) della “seconda variante al P.I.I. denominato Area ex Cinema Mirage.

Il Tar ha dichiarato inammissibile il ricorso. Il Tribunale ha ritenuto in particolare fondata l’eccezione formulata dal Comune e dalla società interessata, subentrata all’impresa realizzatrice, di inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione ad agire e di interesse di ricorso.

I giudici hanno considerato il presupposto «che nel processo amministrativo, fatta eccezione per ipotesi specifiche in cui è ammessa l’azione popolare (ad esempio il giudizio elettorale), non è consentito adire il relativo giudice unicamente al fine di conseguire la legalità e la legittimità dell’azione amministrativa, ove ciò non si traduca anche in uno specifico beneficio in favore di chi la propone, il quale, a sua volta, deve trovarsi in una situazione differenziata rispetto al resto della collettività e non sia un quisque de populo». […] «Con specifico riferimento alle associazioni, è stato autorevolmente precisato che la legittimazione attiva delle medesime obbedisce a stringenti regole, in particolare essa deve corrispondere in via immediata al perimetro delle finalità statutarie dell’associazione, dovendo la produzione degli effetti del provvedimento controverso risolversi in una lesione diretta del suo scopo istituzionale e non della mera sommatoria degli interessi imputabili ai singoli associati; inoltre l’interesse tutelato con l’azione giudiziaria deve essere comune a tutti gli associati, non potendo essere tutelate le posizioni soggettive solo di una parte degli stessi, dovendosi evitare, in definitiva, conflitti interni all’associazione (anche con gli interessi di uno solo dei consociati), che implicherebbero automaticamente il difetto del carattere generale e rappresentativo della posizione azionata in giudizio». Consulta la sentenza completa a questo indirizzo.

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