Sette indagati, tra cui una famiglia di allevatori della Val Seriana, al termine di un’indagine avviata dai carabinieri forestali di Brescia nel 2017. Sequestrati anche 500 mila euro tra case, auto di lusso e conti correnti.
L’attività investigativa, condotta dai carabinieri forestali di Breno, trae origine da sospette concessioni di alpeggi e malghe agli imprenditori bergamaschi da parte di alcune amministrazioni della Val Camonica. Gli alpeggi interessati si trovano nei comuni di Paspardo (Malga Zumella) e Cimbergo (Malga Frisozzo). Gli inquirenti attraverso numerosi sopralluoghi in loco, acquisizioni documentali, analisi dei conti correnti ed attività di intercettazione telefonica sono riusciti a scoprire un complesso sistema che sarebbe stato finalizzato alla frode dei contributi europei.
L’indagine – coordinata in principio dal pubblico ministero Ambrogio Cassiani della Procura di Brescia e successivamente, a seguito del passaggio del fascicolo alla Procura della Repubblica di Bergamo dal pm Fabrizio Gaverini – ha portato a scoprire una serie di giovani prestanome, che avevano accesso ai rilevanti vantaggi e alle agevolazioni previste dalla normativa agricola settoriale. La frode sarebbe consistita nella fittizia conduzione degli alpeggi. Quei terreni, infatti, non avrebbero mai visto animali al pascolo, ma nonostante ciò dall’Unione europea sono arrivati più di 500 mila euro di contributi per i soli anni 2016 e 2017.
Nella rete degli inquirenti sono cadute sette persone tra imprenditori agricoli, liberi professionisti e amministratori locali. Grazie all’ordinanza del Gip del Tribunale di Bergamo sono stati recuperati e sottoposti a sequestro alla famiglia di imprenditori circa 500 mila euro tra case, auto di lusso e conti correnti. Il reato contestato nei confronti di questi soggetti è la truffa aggravata ai danni dello Stato, relativamente all’indebita erogazione di contributi europei destinati all’agricoltura. Tra gli altri indagati, per il reato di abuso di atti d’ufficio, spiccano soggetti appartenenti all’amministrazione comunale che in virtù della propria posizione pubblica avrebbero di fatto agevolato il sistema.