Come sia il mercato del lavoro in Italia di fatto non lo sa, si è infatti sempre guadagnato il pane oltre confine. È la storia di Federico Percassi, un giovane di Clusone di 35 anni, da tempo lontano da casa. Argentina, Cina, Brasile, Stati Uniti: l’esperienza all’estero che ha maturato, già dalle superiori, è notevole.
Federico ha frequentato il liceo scientifico al Fantoni di Clusone, optando per un indirizzo sperimentale con l’aggiunta del tedesco. Una scommessa sulle lingue che, già nei primi anni del 2000 (ben prima della crisi), ha reso più semplice a tanti talentuosi giovani del territorio di avventurarsi lontano da casa. «Durante il liceo scientifico – racconta – ho trascorso il quarto anno negli Stati Uniti. Attraverso Intercultura e un progetto attivato con AFS (American Field Service), sono stato ospitato da una famiglia in Kansas e ho frequentato l’ultimo anno in un liceo Americano, dove ho conseguito il diploma. Tornato in Italia l’anno successivo, in quinta superiore ho invece conseguito il diploma di maturità italiana. Mi sono quindi iscritto alla Bocconi di Milano, indirizzo di Economia Internazionale (3+2) e nel penultimo anno universitario ho studiato per 8 mesi in Argentina, a Buenos Aires».

Appena laureato alla specialistica, Federico ha trovato praticamente subito un bel posto in un grande gruppo internazionale bergamasco che ha voluto investire su di lui mandandolo in Cina. «Ho lavorato per circa 4 anni nell’impianto di Suzhou (città non lontana da Shanghai) – spiega -. Poi per la stessa azienda sono stato spostato in Brasile a Sao Paulo, dove sono rimasto per circa 5 anni. Ora da più di 2 anni l’Azienda mi ha dislocato nel nostro impianto negli Stati Uniti, in Ohio a Cleveland, dal quale seguo anche le operazioni di un impianto in Messico, dove spesso mi reco». Tornato negli USA il baradello ha riaperto i libri di scuola e nei ritagli di tempo è riuscito a terminare quest’anno pure un MBA (Master of Business Administration).
Il richiamo per l’estero
Federico è un giovane che, nonostante l’adolescenza tra le montagne bergamasche, ha sempre sentito il richiamo di terre lontane. «Ho cercato di guardare sempre fuori dai confini del nostro Paese – aggiunge -. Quando studiavo, di fatto non avevo in mente paesi particolari in cui andare, ma sapevo semplicemente che sarei partito. Ho scommesso sull’apprendimento delle lingue e ho iniziato a viaggiare e lavorare in giro per il mondo, che è ancora la cosa che al momento desidero per me».
Come plant manager a contatto con operai e tecnici specializzati, Federico si è ormai fatto un’idea su come in giro per il mondo i lavoratori abbiano doti e fragilità diverse. «Il mito dei cinesi che non si fermano mai sarebbe da sfatare; certo che la forza lavoro nel “Paese del Dragone” è immensa e sempre fa girare l’intero sistema, ma il singolo cinese non è il bergamasco»: svela in battuta ricordando con orgoglio le sue origini.
«Il problema in Cina – continua – è legato essenzialmente alla comunicazione, anche parlare in inglese può risultare complicato in molte situazioni. In Brasile tale problema è ridotto, ma serve sicuramente più attenzione sulle procedure nel mondo del lavoro. Negli Stati Uniti invece l’economia sta andando bene e la disoccupazione è ai minimi storici, rendendo dunque più complesso per le aziende trovare personale per crescere. La bilancia nel mercato tra domanda e offerta di posti di lavoro si è pertanto spostata: i lavoratori si trovano spesso oggi a poter scegliere tra posizioni diverse, il che complica le strategie di crescita per le aziende».
Le relazioni e i rapporti all’estero
E per quanto riguarda le relazioni e i rapporti personali? «Da italiano all’estero ho sempre cercato di stringere amicizie locali e internazionali – rivela -. In Cina ci sono tantissimi italiani, spesso organizzati in gruppi nelle varie città commerciali. Sui social network facevo parte di un gruppo di italiani a Suzhou, grazie al quale ci si incontrava per recuperare informazioni utili su aspetti burocratici di tutti i giorni, sia a livello aziendale che personale. Tuttavia in Cina mi sono creato un gruppo di amici provenienti da tutto il mondo, ma non di cinesi: è più difficile entrare in contatto con loro essenzialmente per via della comunicazione».

«In Brasile – descrive Federico – è invece più semplice stringere relazioni con i locali. Come faccio in genere, ho evitato miei connazionali per conoscere meglio la cultura del posto, e anche grazie alla lingua non troppo difficile per noi italiani, oggi posso riconoscere di avere buone amicizie in Brasile».
«Negli Stati Uniti in realtà un po’ più difficile. Come dico sempre, riesco a uscire e socializzare facilmente, ma spesso finisce tutto lì. Forse va anche considerato che non ho più 20 anni e i miei coetanei nella parte di America in cui mi trovo (il cosiddetto MidWest) spesso hanno già una vita impostata con famiglia e numerosi impegni; risulta quindi più complesso creare un network di amicizie».
E nel futuro di Federico? «Sono passati più di dieci anni da quando ho iniziato a lavorare all’estero, ma non sono ancora stanco – conclude Federico -. Certo che mi manca l’Italia e tutti i miei affetti, la mia famiglia, gli amici di sempre, e ovviamente il nostro buonissimo cibo. Ma non credo di essere ancora pronto a tornare, vorrei continuare questo percorso per altri anni. Prima di rientrare in Italia, mi piacerebbe tentare altri posti, conoscere altre culture: il mondo è grande, e sono ancora a tempo per scoprirne un altro pezzo».
