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Coronavirus, un centro di ricerca al Papa Giovanni di Bergamo

Importante la cura, ma altrettanto la ricerca per combattere il Covid19. Così, in questi giorni, all’Ospedale Papa Giovanni XXIII si sono poste le basi in questi giorni di un centro  chiamato COVID19_l@b per supportare clinici e ricercatori nello sviluppo di studi e proposte per rispondere ai bisogni dei pazienti.

Il centro si occuperà, per esempio, di raccogliere e analizzare dati clinici e di laboratorio, per individuare fattori prognostici e prevedere gli esiti clinici, e di facilitare l’introduzione in corsia di nuove terapie, attraverso l’avvio di sperimentazioni cliniche nazionali e internazionali. Supporto verrà dato anche nella verifica della letteratura scientifica, nella definizione di protocolli aziendali in linea con gli standard nazionali e internazionali per la gestione della patologia e nell’osservazione epidemiologica, anche attraverso lo sviluppo di partnership per ampliare le opportunità, le competenze e le risorse disponibili.

Fondamentale sarà anche la valutazione dei livelli di sicurezza dell’assistenza, dell’efficacia dei modelli organizzativi sviluppati per fronteggiare la patologia e lo sviluppo di nuove tecnologie per il contenimento dell’infezione. In pratica un incubatore di progetti per promuovere la ricerca clinica orientata allo sviluppo e alla validazione scientifica di nuove strategie contro l’infezione da Covid19 e contemporaneamente al miglioramento di percorsi di cura e modelli organizzativi per fronteggiare la crisi.

«Il problema maggiore che stiamo affrontando, sia da un punto di vista clinico che organizzativo, è l’assenza di dati ed esperienze forti rispetto alla patologia Covid19 – commenta Maria Beatrice Stasi, direttore generale dell’Azienda socio sanitaria territoriale Papa Giovanni XXIII -. Questa incertezza, data dal fatto che stiamo lottando contro un virus nuovo e ancora quasi sconosciuto rende più difficile fornire risposte ai numerosi quesiti clinici e gestionali su come meglio fronteggiare la pandemia. La nostra azienda ha sempre investito in innovazione e ricerca indipendente, perché queste sono le leve per perseguire la qualità e l’appropriatezza delle cure e perché siamo convinti che in un ospedale dove si fa ricerca avanzata, gli utenti ricevono cure migliori. Il momento attuale e l’incertezza di dati su cui basare scelte ragionate per fronteggiare l’infezione da coronavirus ci ha portato a pensare a un centro di coordinamento dove poter far incontrare domande e risposte, sfruttare a pieno i dati acquisiti in ambito sanitario e sviluppare collaborazioni di ricerca anche in ambito internazionale».

Uno degli ambiti al centro dell’attenzione dei ricercatori del Papa Giovanni sarà la diagnostica molecolare, che consente già da un lato l’identificazione diretta del virus e dall’altro il rilevamento di anticorpi anti-Covid19, pilastro della sorveglianza sierologica. Ma i test diagnostici in vitro saranno fondamentali anche per valutare la gravità della malattia, per definire la prognosi, per i pazienti in follow-up, per guidare il trattamento e per il loro monitoraggio terapeutico. Ambiti nel quale ci si muove ancora senza punti di riferimento precisi, che invece è fondamentale identificare con urgenza e precisione per definire percorsi clinici efficaci senza disperdere risorse preziose.

Il progetto COVID_l@b è coordinato dal Clinical Trial Center (CTC) del Papa Giovanni XXIII, in collaborazione con la Fondazione per la Ricerca Ospedale di Bergamo (FROM) con cui condivide i progetti di ricerca strategici. Il progetto COVID19_l@b durerà 36 mesi e potrà essere rinnovato in base ai risultati raggiunti.

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