Le vie della musica conducono spesso i giovani lontano da casa, sovente anche dal proprio Paese. Una musicista di Bueggio di Vilminore, per seguire il suo sogno, vive da 8 anni a Norimberga, in Germania.
Ci occuperemo della storia di Alice, e di come da musicista stia attraversando questo particolare momento di sospensione delle esibizioni pubbliche per via della pandemia, con la trasmissione Decoder, in onda questa sera (mercoledì 2 dicembre) alle ore 20.30 sul canale 88 del digitale terrestre di Antenna 2. A seguire il focus resterà in Val di Scalve: parleremo dei preparativi in vista del Natale a Schilpario.
Alice Morzenti, primo flauto allo Staatstheater di Norimberga, è un’apprezzata musicista sia in Italia, sia all’estero.
Dalla Valle di Scalve alla Germania, qual è stato il percorso?
Sulle vie della musica diciamo. Ho studiato musica iniziando dalla banda, come un po’ tutti, ho proseguito con il conservatorio a Darfo Boario Terme. La successiva tappa obbligatoria, per avere la possibilità di vivere di musica, era andare all’estero. A vent’anni, più o meno, sono andata a studiare a Stoccarda in Germania e da lì si sono spalancate diverse strade: tra cui la possibilità, attraverso un concorso, di accedere al Teatro dell’Opera di Norimberga.
Com’è la vita a Norimberga?
Diciamo che i tedeschi in Baviera sono più simili agli italiani di quanto si pensi: non ho notato differenze sostanziali nella mentalità. Norimberga è una bellissima cittadina: ha un borgo medievale incantevole, ricostruito com’era prima dei bombardamenti del 1945. Una città tristemente conosciuta per il processo di Norimberga, ma bellissima e grande: vi vivono circa 600 mila abitanti; tuttavia non si ha la sensazione di vivere in una grande città, è a misura d’uomo.
E gli spostamenti da e per l’Italia?
A Norimberga c’è un aeroporto che prima del Covid-19 era molto attivo con voli diretti su Bergamo ogni giorno. Vicino a Norimberga c’è Monaco, a un’ora di treno, altra importante città da cui partono aerei per tutto il mondo. Francoforte inoltre è solo a due ore di treno. Norimberga è una città ben collegata.
Per quanto riguarda la carriera da musicista quali sono stati i momenti più emozionanti?
Sono stati tantissimi. Sicuramente ho bellissimi ricordi degli anni che ho passato a Milano suonando alla Scala, ho iniziato all’età di 18 anni e allora non mi rendevo conto di quello che stavo vivendo. Però ci sono stati concerti emozionantissimi, anche a Norimberga. A luglio, solitamente a fine della stagione, facciamo un concerto open-air in un prato enorme. Si tratta di uno degli eventi del settore più partecipati in Germania, è libero e le persone arrivano già dal mattino. L’ultima volta c’erano 90.000 persone. Tutti appassionati di musica classica. E’ una cosa molto emozionante, si ha la sensazione di essere immersi in un bagno di folla. Questo è uno dei ricordi più belli che ho.
Passiamo alla pandemia. Quando è arrivata la prima ondata in Italia come avete vissuto, a distanza, questo momento?
Parliamo di fine febbraio 2020, in Germania la situazione non era stata percepita come un reale problema o quantomeno non come un problema globale: in Germania hanno iniziato a registrare i primi casi verso aprile. Ero a Norimberga, sentivo notizie catastrofiche. I miei genitori vivono in Val di Scalve e mi sono preoccupata soprattutto perché non avrei potuto fare nulla. Sono stati giorni difficili. Poi la situazione si è allentata. Sono riuscita a scendere in Italia in estate. Poi, quando il quadro pareva essere tranquillo, a settembre abbiamo ripreso a lavorare, ma abbiamo smesso dopo tre settimane. Ora la situazione attuale è critica, ma abbastanza sotto controllo in Germania.
Per quanto riguarda il mio lavoro, il fatto di non potere fare spettacoli, motivo per cui sono andata in Germania, è molto pesante. Comprendo comunque il problema attuale. Si stringono i denti e si spera in periodi migliori.
Il Covid-19 ha fatto emergere aspetti problematici della società italiana come il fatto che non si dia il giusto peso alla cultura.
Forse è una frase fatta, ma è anche una verità. In Germania per la cultura ci sono più considerazione e investimenti. In momenti di crisi si vede cosa si ha seminato. Ed è in questi momenti che emerge se una struttura può stare in piedi e questo avviene grazie alle pregresse scelte coraggiose. Se ora lavorassi come musicista in Italia sarei molto preoccupata. Sento regolarmente ex colleghi di teatri in Italia, amici musicisti professionisti, dipendenti di fondazioni liriche che hanno una condizione diversa dalla mia attuale in Germania. La considerazione assegnata ai musicisti in Italia è dovuta soprattutto all’educazione. Materie come Musica e Storia dell’arte in Italia dovrebbero essere in prima linea. Nel nostro Paese invece viviamo di rendita di quello che il passato ci ha dato. Negli anni non sono stati fatti i giusti investimenti per portare avanti le cose e nei momenti di crisi emergono le difficoltà anche nel riconoscere la figura del musicista con la stessa dignità di altre, anche salariale. Questo è un peccato, in quanto le risorse che ci sono in Italia vengono considerate in tutto il mondo. Pensiamo anche solo ai luoghi della musica: abbiamo gioielli architettonici che all’estero non ci sono e che vengono sfruttati saltuariamente. In loco spesso non ci sono inoltre orchestre stabili. Ovviamente la cultura costa, ma bisogna fare entrare nella mentalità della gente che la cultura porta guadagno: non è un vuoto a perdere.
Nel futuro di una musicista che vive lontano da casa cosa c’è?
Spero sicuramente di continuare con quello che mi piace fare da quando sono bambina: fare musica e avere la possibilità di donare questa esperienza agli altri. Quello che manca ai musicisti non è suonare o studiare una parte: se questa musica per cui si studia non viene donata, diventa una cosa fine a se stessa. Si tratta di donare un’esperienza, un momento musicale. Al pubblico mancano gli artisti e agli artisti manca il pubblico. Spero che tutto torni alla normalità e si possa continuare a fare musica come piace a me, oltre ad avere la possibilità di trasferire agli altri quanto ho imparato.