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Il Triduo a Gandino, nelle luci della raggiera il ricordo dei defunti

Torna ad accendersi nella basilica di Gandino la maestosa raggiera del Triduo. Da sabato 27 febbraio a lunedì 1° marzo la comunità ricorderà i defunti. Un momento molto sentito che l’anno scorso non si era potuto celebrare nella sua forma consueta per l’emergenza Covid.

«Nel 2020 abbiamo celebrato il nostro Triduo in occasione del Corpus Domini, una delle feste significative per la comunità di Gandino – osserva il parroco don Innocente Chiodi -. Torniamo quest’anno al Triduo nella seconda domenica di Quaresima. Il tema della predicazione sarà “Nella comunione dei Santi”. Vogliamo pensare in particolare ai 53 defunti che lo scorso anno ci hanno lasciato. Un numero esorbitante per la nostra comunità».

A caratterizzare il Triduo è l’allestimento della grande raggiera che si erge dietro l’altare maggiore. Fu realizzata dalla bottega Caniana fra il 1788 ed il 1791, dopo che quella creata nel 1777 da Donato Andrea Fantoni fu ritenuta poco consona dai committenti gandinesi. Di essa si conserva un disegno presso il Museo Fantoni a Rovetta. L’enorme incastellatura realizzata dai Caniana tocca i 12 metri di altezza e vede il Santissimo coronato da raggi con vetri policromi illuminati da lampadine elettriche (un tempo lumini) secondo un’iconografia che richiama la visione dantesca di Dio.

Al lavoro da oltre due settimane c’è un’articolata squadra di volontari, coordinati da Francesco Rizzoni, custode della Basilica e rettore del Museo di Arte Sacra. Si alternano nel delicato compito di ricreare l’apparato, spesso con il solo ausilio di piccoli grandi segreti tramandati oralmente. Tra loro a vantare un’anzianità di servizio pluridecennale ci sono Ambrogio Ongaro e Alberto Bertocchi: quest’ultimo ancora ricorda quando da ragazzo montava la struttura (oggi a norma con apposito monumentale ponteggio) con il solo ausilio di pali di legno.

In Basilica è stato allestito anche l’altare d’argento e sarà visibile anche il paliotto in oro massiccio, realizzato alla fine del ‘500 dalle manifatture orafe milanesi. In origine la sua destinazione fu quella di un (ricco) finimento per la carrozza delle nozze fra Margherita d’Asburgo e l’Infante di Spagna, Filippo. Successivamente la preziosa tela fu data dall’Imperatore, in virtù di particolari servigi alla dinastia Asburgo, a un membro della nobile famiglia gandinese dei Giovanelli, che ne fece dono alla Basilica realizzando l’attuale paliotto per l’altare maggiore.

Le celebrazioni del Triduo iniziano sabato 27 febbraio, con le messe mattutine delle 8 e delle 10,30. A presiedere celebrazioni e riflessioni al fianco del parroco, sarà don Ezio Bolis, docente del Seminario Vescovile di Bergamo. Lunedì 1° marzo alle 10,30 la concelebrazione in Basilica riunirà sacerdoti nativi, del Vicariato e che hanno prestato servizio a Gandino.

Domenica 28 febbraio e lunedì 1° marzo, alle 15, sono in programma le solenni funzioni pomeridiane, accompagnate (come le messe) dalla Corale Luigi Canali. Del maestro cui è intitolata la Schola Cantorum gandinese ricorre quest’anno il cinquantesimo della morte: sua la composizione del Miserere che verrà eseguito domenica.

Nel video, il parroco di Gandino spiega il significato dell’apparato del Triduo:

Lunedì 1° marzo, inoltre, riaprirà al pubblico il Museo della Basilica  dopo le restrizioni della pandemia. Le visite saranno possibili previa prenotazione telefonica al numero 035/745425 oppure scrivendo a segreteria.museo@gmail.com. In ottemperanza alle norme di distanziamento sociale saranno accolti quattro visitatori ogni ora, muniti di mascherina, dalle 10 alle 17 dal lunedì al venerdì, fino a nuove disposizioni.

Nelle sale del Museo gandinese (fra i maggiori in Europa e nel mondo per dotazione di antichi tessuti, argenti e merletti preziosi) sarà visibile anche una tela di Carlo Ceresa, presentata in anteprima lo scorso autunno. Nativo di San Giovanni Bianco, in Valle Brembana, Carlo Ceresa (1609-1679) fu con il Baschenis il pittore più importante del ‘600 in terra bergamasca. L’opera esposta a Gandino (databile al terzo quarto del Seicento) proviene da una cappella gentilizia ed è considerata inedita in quanto mai studiata finora.

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