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Operazione antibracconaggio, un arresto e 139 denunce

Si è da poco conclusa l’operazione antibracconaggio denominata “Pettirosso”, coordinata dal Reparto operativo Soarda (Sezione operativa antibracconaggio e reati in danno agli animali) del Raggruppamento carabinieri Cites in sinergia con i Gruppi carabinieri forestali di Brescia, Bergamo e Mantova. C’è stato anche l’apporto di un’unità cinofila addestrata alla ricerca di armi, munizioni, strumenti di cattura, richiami acustici, fauna selvatica.

Le prealpi lombardo-venete, per la propria posizione geografica, sono uno snodo fondamentale lungo le rotte migratorie dei piccoli passeriformi, che si spostano dalle aree di nidificazione dell’Europa settentrionale verso quelle di “svernamento” del bacino del Mediterraneo e del continente africano, costituendo una ricchezza inestimabile in termini di biodiversità. Una concentrazione imponente di uccelli che stremati dalle lunghe distanze percorse sono particolarmente vulnerabili, in particolare sui valichi montani che costituiscono un “collo di bottiglia” per la migrazione, diventando oggetto di intenso bracconaggio, con gravi ripercussioni sui sistemi ecologici. Si tratta di specie protette e particolarmente protette dalle leggi nazionali e da convenzioni internazionali poiché fortemente minacciate.

A difesa del flusso migratorio, pattuglie dei carabinieri forestali hanno effettuato un capillare controllo del territorio bresciano, bergamasco e mantovano. L’attività operativa svolta ha portato alla denuncia di 139 persone per reati perpetrati contro l’avifauna selvatica, un arresto per detenzione di un’arma clandestina e al sequestro di 3336 uccelli, di cui 884 esemplari vivi e 2452 esemplari morti, tra cui numerose specie non cacciabili e specie particolarmente protette, tutti catturati o abbattuti in modo illecito. Sono stati, inoltre, sequestrati 673 dispositivi di cattura illegale, 99 fucili e 5294 munizioni. La maggior parte dei sequestri sono stati eseguiti nella provincia di Brescia all’esito anche dei numerosi controlli venatori posti in essere dalle stazioni del locale Gruppo carabinieri forestale.

I reati principali che sono stati ipotizzati sono: furto aggravato di fauna selvatica in quanto bene indisponibile dello Stato, ricettazione, contraffazione di pubblici sigilli, uso abusivo di sigilli destinati a pubblica autenticazione, maltrattamento e uccisione di animali, detenzione non consentita di specie protette e particolarmente protette, uccellagione, esercizio della caccia con mezzi vietati, porto abusivo di armi.

Tra gli strumenti illegali utilizzati dai bracconieri ci sono i richiami acustici a funzionamento elettromagnetico, le reti da uccellagione, le gabbie-trappola o, nei casi peggiori, archetti e trappole metalliche in grado di imprimere gravi sofferenze alla fauna lasciata viva e agonizzante per ore.

Nel corso dei servizi sono stati effettuati diversi interventi. In particolare in provincia di Mantova, sono stati sorpresi padre e figlio che esercitavano l’attività venatoria con l’utilizzo di richiami acustici a funzionamento elettromagnetico, abbattendo esemplari di avifauna particolarmente protetta. Nell’abitazione sono stati rinvenuti oltre 500 esemplari di avifauna congelati e spiumati, afferibili a specie particolarmente protette, allodole vive con anello identificativo contraffatto e 2380 munizioni.

In provincia di Brescia è stato effettuato un arresto per detenzione di arma clandestina, costruita artigianalmente e rinvenuta dall’unità cinofila “Africa”. Eseguito il sequestro di 800 cartucce, il materiale necessario ad assemblare armi clandestine e decine di esemplari di avifauna abbattuta illegalmente. Numerosi i controlli presso i ristoranti, in due dei quali sono stati rinvenuti oltre 300 esemplari di avifauna, alcuni in cottura e altri spiumati e congelati, privi dei requisiti idonei a stabilirne la rintracciabilità.

In queste zone l’avifauna viene utilizzata in alcuni piatti tipici quali “polenta e osei” e lo “spiedo”. Durante un controllo eseguito dai carabinieri del Nas presso una macelleria sono stati rinvenuti esemplari di avifauna utilizzati come richiami vivi. Le verifiche dei carabinieri forestali hanno evidenziato oltre 50 uccelli con anelli identificativi contraffatti e l’uso abusivo di pubblici sigilli.

In provincia di Bergamo un soggetto deteneva all’interno di un’uccelleria 25 esemplari di avifauna particolarmente protetta e 216 esemplari di avifauna cacciabile con alla zampa apposti anelli identificativi contraffatti.

Circa l’80% degli esemplari vivi sequestrati presentavano anelli visibilmente manomessi: limati, svasati e deformati nella sezione e addirittura sfilabili. Il dato mette in luce un’immissione sul mercato di esemplari catturati in natura e inanellati abusivamente prima di essere venduti o utilizzati come “richiami vivi”.
A tal riguardo bisogna specificare che ogni esemplare di uccello per essere detenuto deve essere provvisto di un anello cilindrico inamovibile in metallo.

I molteplici controlli hanno evidenziato come le “Prealpi Lombardo-Venete” continuino ad essere un’area fortemente interessata dal fenomeno del bracconaggio, confermandosi il più impegnativo tra i black-spot individuati dal “Piano d’azione Nazionale per il contrasto degli illeciti contro gli uccelli selvatici”, nonostante il virtuosismo di numerosi cacciatori rispettosi delle normative vigenti.

I carabinieri forestali hanno operato con il fattivo contributo dei volontari di Cabs, Lipu, Legambiente, Wwf, Lac, Nogez e Fare Ambiente, dei cittadini e dei cacciatori. Gli esemplari sequestrati sono stati affidati ai centri di recupero animali selvatici (Cras) “Il Pettirosso” di Modena e l’Oasi Wwf “Valpredina” di Cenate Sopra per il successivo rilascio in natura non appena le condizioni fisiologiche degli stessi lo consentiranno.

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