Proseguiamo con gli articoli dedicati alle prossime elezioni politiche e, in particolare, ai candidati all’uninominale dei principali schieramenti in campo nei collegi elettorali per la Camera e il Senato del nostro territorio.
«Pratica e concreta» sono i due aggettivi con i quali ama autodefinirsi Daisy Pirovano, 44 anni e candidata del centrodestra nel collegio uninominale di Bergamo per il Senato della Repubblica (Lombardia U07).
Lei è Senatrice dal 2018. Come sono andati questi suoi primi anni da parlamentare e quale è stato il suo lavoro per Bergamo e provincia?
«Sono stati quattro anni e mezzo particolari. Secondo molti colleghi abbiamo vissuto la Legislatura più pazza di sempre. Io mi sono dedicata principalmente al settore degli enti locali essendo io anche sindaca di Misano Gera d’Adda dal 2009. Il Comune è l’ente più vicino ai cittadini e quindi va tutelato e aiutato, soprattutto dopo quello che è successo con la pandemia.»
Ha parlato di Covid. Quali sono le proposte della Lega e del centrodestra nell’ambito sanitario?
«Durante la pandemia ci siamo trovati a doverci autogestire: noi Comune con medici, infermieri farmacisti e personale sanitario delle RSA, per capire quali fossero le scelte migliori per la vita dei nostri cittadini. L’abbiamo fatto senza la sovrastruttura della burocrazia. Ora tutti riconoscono il grande ruolo svolto dai territori, dai sindaci, dagli ambiti nella gestione del Covid nel settore sanitario e sociale. Ciò significa che quando i Comuni sono lasciati liberi, senza maglie strette imposte dall’alto, riescono a fare qualcosa di inimmaginabile. Basti pensare a cosa ha fatto Bergamo nella primavera del 2020. Serve un rapporto molto più stretto tra ospedali e territori e va risolto il problema della mancanza dei medici di base. Serve più autonomia e l’esperienza del Covid ha dimostrato che i territori sono in grado di essere responsabilizzati.»
La Lombardia è stata criticata perché nel settore sanitario, come in quello dell’istruzione, c’è sempre più spazio per il privato a discapito del pubblico. Cosa ne pensa?
«Sono due aspetti complementari. Il problema è che prima del Covid si potevano fare discorsi astratti e ideologici, ora bisogna partire da una realtà. La questione principale è quella di trovare i medici e gli infermieri, che siano nel pubblico o nel privato. Nostro compito è quello di valorizzare il loro lavoro, soprattutto di quelli bravi, per evitare che vadano all’estero. Lo stesso discorso vale per i professori. Queste sono professionalità fondamentali per la società. Per quanto riguarda i medici, noi da tempo ci battiamo perché venga tolto il numero chiuso all’Università, così come già accade in Francia e tanti altri Paesi. Oggi è impensabile che, anche nel nostro territorio, ci siano migliaia di cittadini senza medico. Comunque, penso che ci debba essere equilibrio, perché il privato serve a colmare delle mancanze del settore pubblico, che sicuramente vanno risolte.»
Autonomia e zone economiche speciali sono stati due temi da Lei molto sostenuti in parlamento.
«Certamente. L’autonomia regionale va intesa sotto due aspetti: quello amministrativo e quello economico. Senza i soldi non si riesce a far funzionare bene il proprio territorio. In un sistema federale lo Stato risparmierebbe e le Regioni sarebbero più libere di migliorare i propri servizi per i cittadini. Un ragionamento particolare va fatto per le zone di montagna che grazie alla creazione di zone economiche speciali, da un lato potrebbero avere più disponibilità di fondi e dall’altro avrebbero la possibilità di potenziare le infrastrutture, gli stanziamenti per le imprese e favorire politiche contro la denatalità. Inoltre, grazie all’autonomia i Comuni delle valli potrebbero creare incentivi per le giovani famiglie che scelgono di vivere lì e per il personale sanitario e scolastico che decide di lavorare in quelle zone per almeno cinque anni. Infine, elargire aiuti per tutti coloro che intraprendono le attività tipiche della montagna: come i maestri di sci. Tra l’altro è impensabile che si possa gestire una città o un grande Comune di pianura con le stesse leggi con cui si amministra un piccolo comune delle valli: ecco perché sono necessarie le zone economiche speciali. Oltre a questo, per rilanciare la montagna, nel prossimo esecutivo noi proporremo l’istituzione di un Ministero ad hoc. I programmi e le idee ci sono, dobbiamo fare presto per renderle concrete. L’obiettivo principale della Lega è quello di responsabilizzare sempre più i Comuni che sono l’ente più vicino alla cittadinanza: la politica non fa niente se non è insieme alla gente. Io non faccio nulla in Parlamento senza prima avere chiesto sul mio territorio.»
Dal 2009 Lei è anche sindaco di Misano Gera d’Adda ed è stata al centro di un caso riguardante il consumo di suolo e la tutela ambientale.
«Va chiarito. Noi siamo uno dei pochi Comuni che, negli ultimi 13 anni, non ha consumato nemmeno un metro di suolo e ha ridotto di circa 150 mila metri quadrati i terreni edificabili, rispetto al piano del governo del territorio in auge prima del 2009. Il problema è che si è creato un grande dislivello tra i vari Comuni, questo perché, dopo la Legge Delrio e lo smantellamento delle Province manca un organismo che coordini l’operato dei sindaci. Inoltre, ogni amministrazione comunale deve saper garantire il lavoro ai propri cittadini e alle proprie imprese, pur mantenendo un equilibrio ambientale che tuteli i nostri territori e i nostri paesaggi.»
Già nel novembre del 2021 Lei chiedeva ai Ministri di attuare qualche soluzione per frenare il caro energia. Cosa proponete ora?
«Il problema è enorme e riguarda tutti i settori, quindi oggi serve un intervento di aiuto che abbia un impatto immediato, sia per le imprese, sia per le famiglie. Se non si agisce subito le meno abbienti rischiano di dover chiedere aiuto ai servizi sociali dei vari Comuni, che però ora non hanno nemmeno i soldi per pagare le proprie bollette. Quindi, vanno bene la proroga allo sconto sulle accise e il tetto al prezzo del gas, ma adesso servono soprattutto quei 30 miliardi di scostamento di bilancio, se non di più. Nello specifico molti impianti sciistici quest’inverno rischiano di non aprire, andando a peggiorare ulteriormente le condizioni economiche della montagna. Questo è causato dalle poche precipitazioni, dalla paura che non ci siano nevicate e dalla difficoltà di reperire lavoratori stagionali. A tal proposito andrebbero reinseriti i voucher, per tutto il settore del turismo.»
Ecco. Cosa propone la Lega per migliorare il mondo del lavoro?
«Il problema principale sono le tasse. Penso agli artigiani e alle partite IVA che sono costrette a vivere costantemente con la paura di doverle pagare. Quindi noi dobbiamo lavorare per diminuire il carico fiscale, così facendo le nostre imprese riescono ad assumere anche i giovani, pagandoli il giusto. Devono essere gli imprenditori che hanno dei problemi a parlare con la politica. Io parlo con le associazioni di categoria, loro mi spiegano le difficoltà e mi propongono le soluzioni. L’errore che fanno tanti politici è quello di voler imporre delle loro verità, senza saper ascoltare. Al contrario, noi della Lega siamo bravi a mantenere questi rapporti con le imprese del nostro territorio. Un altro problema è dato dal reddito di cittadinanza che è stato utile durante la pandemia, ma adesso va assolutamente migliorato. A volte una legge parte bene, però poi bisogna fare dei correttivi. Non possiamo sbagliare sulle spalle degli altri. Fino a quando un’azienda non riesce a pagare il giusto un giovane e magari questo ragazzo si ritrova con un RDC che è più alto rispetto allo stipendio, dobbiamo chiederci cosa possiamo fare per mettere quell’impresa nelle condizioni di garantire un salario equo. Non dimentichiamoci che le tasse sono l’incubo anche dei dipendenti che, ogni mese, vedono ridotto notevolmente il loro stipendio.»
Essendo Lei molto vicina al nostro territorio sa che gli immigrati sono fondamentali come manodopera in molti settori. Quale è la posizione della Lega sull’immigrazione?
«L’immigrazione è gestibile con piccoli numeri, perché ha senso se l’immigrato riesce ad integrarsi nella comunità. Nei nostri piccoli comuni l’immigrato ha un nome, un cognome e una faccia, non è un numero. Il problema sorge quando arrivano troppi migranti in una zona, tutti concentrati, magari che non parlano l’italiano e magari qualcuno irregolare: in questo caso l’integrazione è difficile. Il Comune è in difficoltà e non riesce a garantire a queste persone i servizi necessari per vivere degnamente. La domanda da farsi è: “qual è il bene di questi migranti?”. Tutti partono dalla propria terra per cercare di migliorare la propria vita, ma se non siamo in grado di offrire questo miglioramento, non si chiama accoglienza, ma sfruttamento e, purtroppo, in Italia e in Europa a qualcuno questo flusso di persone fa comodo.»
Ultima domanda: Lei in questi anni ha lavorato in Commissione a stretto contatto con Liliana Segre che più di una volta ha attaccato elementi di centrodestra perché, a suo dire, troppo vicini a posizioni estremiste. Cosa ne pensa?
«Io con la senatrice Segre ho un ottimo rapporto, sono stata sempre molto schietta con lei, abbiamo sempre parlato senza pregiudizi e preconcetti. Difficilmente io prendo delle posizioni ideologiche, anche perché non ne ho mai avute, ho sempre avuto degli ideali. La Segre è una donna estremamente lucida e ironica. Inoltre, questa primavera è stata approvata la mia proposta di legge con la quale si finanziano i viaggi delle scolaresche nei campi di concentramento. I ragazzi devono vedere per capire, così che portino rispetto per persone come la senatrice Segre e tramandino alle generazioni future ciò che è stato. Io sulla questione della Shoah sono intransigente.»