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Come sono cambiati i consumi in Italia negli ultimi 5 anni

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Negli ultimi cinque anni l’Italia ha attraversato una trasformazione profonda nel modo in cui cittadini e aziende si relazionano ai consumi. Un cambiamento che ha coinvolto trasversalmente ogni settore economico, accelerato da fattori globali come la pandemia, l’adozione massiva di tecnologie digitali e un mutamento culturale che ha spinto verso nuovi valori di riferimento: sostenibilità, personalizzazione, efficienza.

L’evoluzione del commercio: dall’e-commerce al ritorno della bottega digitale

Il commercio italiano ha vissuto un riposizionamento epocale. Il settore dell’e-commerce, già in crescita prima del 2020, ha consolidato il suo dominio con un incremento costante che ha portato il valore degli acquisti online B2C a superare i 62 miliardi di euro nel 2025. Oggi, oltre 35 milioni di italiani comprano regolarmente online, non solo prodotti fisici ma anche servizi, esperienze, contenuti e abbonamenti digitali.

La grande distribuzione organizzata (GDO), da parte sua, ha dovuto adattarsi. Non ha potuto fare altro che integrare l’online nelle proprie strategie: le insegne più forti hanno investito in piattaforme digitali, consegna rapida e click & collect, mentre nuovi player come Cortilia e Everli hanno promosso il concetto di spesa sostenibile a km 0, digitalizzando il rapporto tra produttore e consumatore.

Ma l’aspetto più interessante è forse il ritorno della “bottega”, in forma digitale. Piccole realtà artigianali, produttori locali e startup D2C (direct to consumer) hanno trovato spazio per crescere grazie alla rete, aggirando la grande distribuzione e riconnettendosi con un consumatore più attento, esigente e disposto a premiare la qualità e la trasparenza.

I nuovi consumatori: più consapevoli, meno impulsivi

Il cambiamento nei comportamenti d’acquisto è stato marcato. Se il 2020 era l’anno della corsa alla convenienza e agli acquisti di impulso, il 2025 segna la maturità di un consumatore consapevole, informato, ma anche stanco e disilluso. L’instabilità economica, l’inflazione e il calo del potere d’acquisto hanno spinto le famiglie a rivedere le proprie priorità.

I dati Istat mostrano una fiducia in netto calo: ad aprile 2025, l’indice si è fermato a 92,7 punti, in diminuzione rispetto al mese precedente. Le famiglie tagliano prima di tutto su alimentari e intrattenimento, ma pretendono trasparenza, valore reale e coerenza nei messaggi pubblicitari. La cosiddetta “paranoia da prezzo” è ormai una condizione diffusa, ma non per questo i consumi si sono arrestati: si sono piuttosto trasformati.

L’intrattenimento online surclassa le console tradizionali

Tra i settori che più hanno registrato un cambio di paradigma, l’intrattenimento è senza dubbio uno dei più emblematici. Se un tempo il tempo libero era associato a uscite, console, cinema e TV lineare, oggi l’intrattenimento digitale ha preso il sopravvento in ogni fascia d’età. Streaming on-demand, podcast, gaming su mobile, eventi virtuali e dirette interattive sono diventati il cuore della fruizione culturale e ludica.

Un esempio emblematico è l’esplosione del cosiddetto “live entertainment interattivo”: format come quiz show, giochi della fortuna e live stream coinvolgenti si sono affermati come nuovo standard. In particolare, è cresciuto il successo di format che permettono di sfidare la fortuna con il Crazy Time, un’esperienza online a metà tra il gioco da casinò e lo show televisivo. La componente di spettacolarizzazione, la possibilità di giocare dal proprio smartphone e la spinta social hanno reso queste esperienze popolari quanto, se non più, dei videogiochi tradizionali.

Moda, sostenibilità e seconda vita degli oggetti

Il settore della moda ha vissuto a sua volta un’importante trasformazione. La fast fashion ha subito un rallentamento in termini di reputazione, spingendo i consumatori a cercare alternative più sostenibili. Si è affermato il concetto di slow fashion, con marchi che puntano su filiere etiche, tracciabilità e capi di qualità destinati a durare nel tempo. Anche l’economia circolare ha trovato nuova linfa: piattaforme come Vinted, Depop e Wallapop hanno normalizzato il concetto di “seconda vita” degli oggetti, con un boom delle vendite di abbigliamento usato.

I consumatori sono disposti a spendere di più per un capo realizzato in modo responsabile, ma chiedono trasparenza. Le etichette parlano sempre di più di provenienza, tessuti naturali, condizioni di lavoro nelle fabbriche. Non si tratta più di una nicchia, ma di un’istanza trasversale che condiziona tutta la filiera, dai grandi brand alle piccole realtà emergenti.

Pagamenti e fintech: un nuovo rapporto con il denaro

Un altro cambiamento strutturale riguarda il mondo dei pagamenti. Gli ultimi cinque anni hanno visto l’affermarsi definitivo dei sistemi di pagamento digitali, con un aumento esponenziale degli utenti che utilizzano app come Satispay, Hype, Revolut o Apple Pay per le spese quotidiane. La gestione del denaro è diventata smart e personalizzata, con strumenti fintech che offrono controllo spese, investimenti automatizzati e micro-pagamenti tra amici.

La pandemia ha accelerato l’abbandono del contante, ma è il 2023-2025 ad aver sancito la definitiva affermazione di un paradigma cashless. Gli italiani, tradizionalmente restii, hanno adottato questi strumenti con entusiasmo, anche grazie alle agevolazioni fiscali e alla crescente digitalizzazione delle attività commerciali.

Un paese ancora in cerca di equilibrio

Nonostante l’innovazione e la trasformazione dei mercati, l’Italia resta un paese in bilico tra ripresa e stagnazione. Il Pil previsto per il 2025 cresce solo dello 0,6%, e la stima per il 2026 è appena più ottimista. I consumi rappresentano il motore principale, ma restano frenati dall’instabilità geopolitica, dall’inflazione e dal calo di fiducia. La disoccupazione giovanile resta elevata e la pressione fiscale è ancora tra le più alte d’Europa.

Secondo Confcommercio, i consumi interni tengono ma non decollano. La domanda interna è fragile, legata più al bisogno che al desiderio, e molti acquisti sono rinviati o sostituiti da forme di consumo collaborativo, noleggio o riuso.

Il punto di vista dell’economista Tito Boeri

Per comprendere in profondità questa trasformazione, è utile il parere di Tito Boeri, economista e docente presso l’Università Bocconi. Secondo Boeri, «le politiche pubbliche dovrebbero basarsi sui dati, e i dati degli ultimi anni ci dicono che è in corso un cambiamento strutturale. Servono interventi mirati per sostenere i redditi più bassi, incentivare l’innovazione e non frenare il cambiamento, ma accompagnarlo».

Boeri sottolinea l’importanza di ridurre le incertezze per famiglie e imprese: «La fiducia è la leva più potente nei comportamenti economici. Se i consumatori percepiscono stabilità e visione nel lungo periodo, saranno disposti a spendere, investire e innovare».

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