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Lavoro, il terziario fatica a reclutare nuovi lavoratori

Negli ultimi due anni, il 45% delle imprese ha ricercato nuovo personale. Non senza difficoltà: tra questi imprenditori, il 56% ha faticato nella ricerca di profili idonei (il 35% dichiara di aver incontrato molte difficoltà). Si parla di circa 6.050 imprese del commercio, turismo e servizi. La mancanza di personale tra le imprese del terziario è evidente ed è ormai un problema strutturale del nostro sistema economico territoriale, come emerge dalla recente ricerca affidata da Ascom Confcommercio Bergamo.

Il problema sembra essersi acuito con la pandemia: il 54% delle imprese dichiara infatti di aver incontrato maggiori difficoltà rispetto al passato. Tra i fattori pesano l’inadeguatezza delle competenze ed esperienze e gli orari di lavoro. Gli imprenditori sono alla ricerca di come essere più attrattivi attraverso la disponibilità a innalzare stipendi o a investire in percorsi formativi o a implementare politiche di welfare. Ma per molti candidati non è solo una questione di ingaggio: la pandemia ha posto al centro il tema della qualità della vita e delle condizioni lavorative.

I dati della ricerca

Il perché della difficoltà

La principale difficoltà è relativa alla scarsità di competenze ed esperienze che pesa per il 57,1%; seguono gli orari di lavoro (per il 38,1%), ritenuti pesanti dai candidati e la retribuzione, insufficiente per il 21,4%. Tra le altre motivazioni la concorrenza di altre imprese alla ricerca di personale con caratteristiche analoghe (con un’incidenza pari al 17%), mansioni e tipologia di lavoro ritenute poco attrattive (per il 14,35), eccessiva distanza tra il luogo di lavoro e l’abitazione (9,5%). Non manca chi reputa insufficienti le politiche di welfare e benefit per i lavoratori (5%) e, infine chi rinuncia per un’immagine dell’impresa poco appetibile (4%).

L’impatto sull’estate appena trascorsa

Il 17,8% delle imprese del commercio e della ristorazione non hanno chiuso l’attività nella stagione estiva. Diverse le motivazioni, tra queste il 59,2% riserva la chiusura in altro periodo. Il 31% non ha chiuso per incrementare i ricavi. E per molti è stato anche impossibile lasciare l’attività per una pausa estiva per assenza di risorse in organico (34%) o per malattie o ferie del personale (25,5%) .

Mancanza di personale, quali soluzioni?

Gli imprenditori, per affrontare il problema dell’emergenza personale e per trovare personale qualificato e con le competenze adatte, sarebbero disposti a concedere stipendi più alti rispetto ai minimi salariali (25,1%), corsi di formazione professionali (23%), premi di produzione (22%), politiche di welfare (17%), voucher o sconti sui beni o servizi dell’impresa (16%) . In particolare per coloro che hanno indicato l’eventualità di offrire stipendi più alti rispetto ai minimi salariali (il 25,1% degli imprenditori), il 38% sarebbe disposto ad offrire tra il 10 e il 20% in più. Il 33% è disposto a proporre fino al 10% in più. Il 21% è tuttavia pronto a rialzi significativi, dal 20 al 30% in più. L’8% degli imprenditori alza ulteriormente la retribuzione: il 4% tra un 30% e un 40% per cento in più rispetto al minimo salariale, il 3% tra un 40 e un 50% in più, l’1% oltre al 50% in più. In generale, l’aumento medio concedibile è del 16%. Di fronte a competenze adeguate e maggiore produttività, gli imprenditori sono disposti a ritoccare gli stipendi.

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