L’occupazione cresce in Italia, ma il divario di genere non cambia: su 334mila occupati in più registrati in un anno (dicembre ’21 vs ’22), 296mila sono uomini (oltre l’88%) e solo 38mila donne, dato tra i peggiori d’Europa. Anche l’ultimo report della Provincia di Bergamo ha testimoniato che l’unico settore nel quale le donne crescono è nei contratti a tempo parziale. Ci sono inoltre ancora donne vittime, purtroppo, di discriminazione, mobbing e nel peggiore dei casi anche violenza (vedere i dati in fondo all’articolo). Insomma, resta molto da fare.
Partendo da queste premesse, il coordinamento delle politiche di genere della Cisl di Bergamo ha deciso di iniziare un percorso formativo che affronti sotto i più diversi aspetti la questione delle disparità nel mondo del lavoro, «andando a toccare tematiche difficili da trattare in quanto spinose e radicate nella nostra società da secoli di cultura patriarcale ma non per questo impossibili da smantellare», sottolinea Monica Olivari, responsabile coordinamento politiche di genere Cisl Bergamo.
Il corso “Parità di genere: linguaggio – quote rosa- politica di qualità” ha aperto una serie di incontri formativi per le componenti del Coordinamento. «Viene naturale pensare che la parità di genere nel mondo del lavoro in Italia e in provincia di Bergamo sia più lontana di quanto ci si possa auspicare. Purtroppo capita spesso di vedere donne rassegnare le dimissioni volontarie dal luogo di lavoro perché vittime di discriminazione, mobbing e nel peggiore dei casi anche violenza – continua Olivari -. Alcune ( le più “fortunate”) lasciano il luogo di lavoro per ricollocarsi altrove, altre lasciano per andare in Naspi (Nuova assicurazione per l’impiego, ndr), in quanto neo mamme con figli sotto l’anno di età, altre ancora si dimettono senza avere un opzione B. Ciò avviene anche perché chi si trova ad affrontare queste condizioni non sa a chi rivolgersi, è importante quindi che si sappia che nel Sindacato si può trovare il supporto necessario per affrontare il problema senza dover abbandonare il posto di lavoro».
È proprio in quest’ottica che il Coordinamento delle politiche di genere della Cisl Bergamo ha avviato il percorso formativo. Uno dei temi più importanti che si affronteranno, e l’oggetto della prima “lezione”, è quello della comunicazione e del linguaggio. «Quello che diciamo e come lo diciamo influenza la nostra vita e la vita di chi ci sta intorno pertanto è fondamentale imparare a comunicare e a usare i termini corretti al lavoro, a scuola, con gli amici, sui mezzi di stampa e nel mondo social – ha detto nel suo intervento al primo incontro Anna Lorenzetti, professoressa in Diritto Costituzionale dell’Università di Bergamo, nonché componente dell’Osservatorio Permanente sulla violenza di genere attivo presso il Ministero della Giustizia -. La lingua italiana non conosce il termine neutro, e spesso, soprattutto nelle professioni, è invalso l’uso maschile a prescindere dal genere che occupa la posizione. È un retaggio culturale difficile da scalzare e specchio di un atteggiamento “sospettoso” nei confronti della donna. E spesso, le donne per prime evitano di femminilizzare il nome del proprio ruolo».
La ricercatrice Piera Bello ha invece affrontato le tematiche legate alla partecipazione delle donne in ambito lavorativo e politico in quanto «il coinvolgimento femminile in ruoli decisionali in entrambi questi settori rispetto soprattutto alla media Europea è ancora troppo ridotto».
«L’avvio di questo percorso formativo – conclude Olivari – dimostra come la Cisl abbia ben chiaro che gli obiettivi sono alti e che la strada per raggiungerli è ancora lunga ed in salita». «Siamo però convinti – le fa eco Francesco Corna, segretario generale del sindacato di via Carnovali – che se si raggiungesse l’obiettivo della parità di genere ne beneficerebbe l’intera società, in quanto una distribuzione del lavoro e quindi del reddito che non discrimini le persone fa crescere, sviluppa, migliora la qualità della vita del singolo individuo e di conseguenza della collettività».
Il lavoro “di genere” a Bergamo
Tasso occupazione maschile 76.1%
Tasso occupazione femminile 54.8%
Tasso disoccupazione maschile 2.4%
Tasso disoccupazione femminile 3.8%
Part Time: il 49% delle lavoratrici ha contratti part time, e di queste meno della metà lavora oltre le 30 ore settimanali. Il restante è ben al di sotto con contratti di 20 ore o meno. Le chiamate al numero antiviolenza e stalking (1522) in provincia di Bergamo per l’anno 2022 sono state 1638.