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Produzione industriale: calo del 2,5%, meglio l’artigianato

Tra aprile e giugno la produzione delle imprese industriali bergamasche con almeno 10 addetti è scesa del -2,5% su base annua e del -1,2% rispetto al trimestre precedente, accentuando la tendenza negativa che aveva caratterizzato i primi mesi del 2024 e buona parte del 2023. Il miglioramento che gli imprenditori avevano auspicato nella scorsa indagine non si è quindi ancora materializzato, con una domanda che resta debole nonostante il primo timido taglio del costo del denaro effettuato dalla BCE.

Regge meglio l’artigianato, che dopo il calo del primo trimestre torna in territorio lievemente positivo (+0,5% la variazione su base annua e +0,3% su base trimestrale): nell’ultimo anno e mezzo l’indice della produzione artigiana è rimasto sostanzialmente stabile, accumulando un vantaggio di 5 punti su quello industriale (122,2 rispetto a 117,5). Dagli ordini provengono segnali contrastanti (in crescita per l’industria e in calo per l’artigianato), ma gli imprenditori sembrano aspettarsi una fase di debolezza ancora prolungata prima che gli effetti del previsto (e rimandato) taglio dei tassi di interesse dispieghi i suoi effetti su consumi e investimenti: le aspettative per il prossimo trimestre sono negative e in peggioramento per entrambi i comparti.

Nell’industria bergamasca la dinamica della produzione registra un peggioramento, archiviando la quinta variazione negativa consecutiva su base annua (-2,5%), nonché la più consistente tra quelle fin qui registrate. Il profilo delle variazioni congiunturali, calcolate cioè rispetto al trimestre precedente, evidenzia come la fase di calo sia iniziata già a fine 2022, per interrompersi brevemente a fine 2023 e riprendere con maggiore intensità nel 2024: anche in questo caso la flessione del secondo trimestre (-1,2%) risulta la più marcata di questa fase recessiva. Si tratta di un andamento in linea rispetto alle media nazionale, che ha visto una flessione congiunturale lievemente meno accentuata (-1%) ma un maggior calo tendenziale (-3,1%). Il numero indice della produzione orobica, calcolato ponendo pari a 100 il valore medio del 2015, scende così a quota 117,5, con una perdita cumulata di quattro punti rispetto al livello massimo raggiunto nel 2022, ma ancora 9 punti sopra i livelli pre-Covid.

Su tale risultato pesa in misura considerevole il calo della meccanica orobica, il settore più rilevante dal punto di vista dimensionale, che è penalizzato dal ciclo debole degli investimenti in macchinari, così come negative sono le variazioni della siderurgia e del tessile. Sostengono invece la dinamica produttiva i comparti della chimica e della gomma-plastica, in ripresa rispetto al 2023, e l’industria alimentare.

Dopo due trimestri di flessione il fatturato mostra una variazione congiunturale nulla, ma su base annua il confronto è ancora negativo (-0,8%). Il calo per il fatturato risulta meno pronunciato rispetto alla produzione grazie al sostegno fornito dai prezzi dei prodotti finiti (+1,1% congiunturale), sebbene la velocità di marcia dei listini abbia molto rallentato, tornando su ritmi in linea a quelli precedenti il 2021. In lieve accelerazione invece i prezzi delle materie prime (+2,1%), probabilmente per via delle difficoltà che ancora caratterizzano i rifornimenti attraverso il canale di Suez. Un segnale in controtendenza giunge dagli ordini, che registrano una crescita del +2% rispetto al trimestre precedente, con una ripresa degli ordinativi dal mercato nazionale. In lieve aumento anche le scorte di prodotti finiti, con un saldo tra valutazioni di eccedenza e scarsità che sale a +3,6 punti. Nonostante le criticità evidenziate nel trimestre in esame, le imprese industriali della provincia continuano ad assumere: il saldo del numero di addetti tra inizio e fine trimestre è pari al +0,2%.

Nel secondo trimestre si conferma un andamento migliore per la produzione dell’artigianato bergamasco rispetto al comparto industriale: sia la variazione tendenziale che quella congiunturale tornano infatti in territorio positivo (rispettivamente +0,5% e +0,3%), dopo la battuta d’arresto che aveva caratterizzato i primi tre mesi dell’anno. L’andamento del numero indice mostra come la fase di crescita si sia sostanzialmente esaurita nel primo trimestre 2023, a seguito della quale è subentrata una fase di stabilità senza evidenziare, al momento, chiari segnali di caduta. Nel secondo trimestre 2024 l’indice si attesta a quota 122,2, restando 13 punti sopra i valori del 2019. Il fatturato rimane sostanzialmente fermo (+0,1% congiunturale), dopo essere arretrato per due trimestri di fila: su base annua il confronto rimane però ancora negativo (-1,5%). I prezzi dei prodotti finiti e quelli delle materie prime confermano la velocità di marcia registrata nel trimestre scorso (rispettivamente +2,8% e +3,3% congiunturale), con i secondi che mantengono un ritmo di crescita superiore, sebbene la forbice tra i due si sia ridimensionata negli ultimi trimestri.

In un quadro congiunturale di sostanziale tenuta, gli ordini evidenziano però un peggioramento, registrando una marcata flessione (-3,5%) su base trimestrale. Il calo degli ordinativi potrebbe essere collegato alle valutazioni sul magazzino, che mostrano un progressivo aumento delle scorte: il saldo tra giudizi di eccedenza e scarsità è infatti solo lievemente negativo (-0,6 punti), con un trend di crescita negli ultimi trimestri.
Stabile l’occupazione delle imprese artigiane, con una variazione nulla del numero di addetti tra inizio e fine trimestre. Benché soggetto a oscillazioni trimestrali, anche per via degli effetti stagionali, il trend occupazionale di fondo resta positivo.

Commenta il presidente Carlo Mazzoleni della Camera di commercio di Bergamo: “L’elevato costo del denaro e il prezzo dell’energia, ancora posizionato mediamente a circa il doppio del periodo pre-crisi, continuano a penalizzare il settore manifatturiero. Il quadro internazionale e il rallentamento di Germania e Francia, principali paesi europei destinatari del nostro export, sono ulteriori fattori negativi, che pesano soprattutto sul clima di fiducia e sulle aspettative. A livello territoriale, si notano diversi gradi di esposizione tra il comparto industriale e quello artigianale e poi tra i vari settori produttivi, dove il più colpito è proprio quello più rilevante per dimensione, ossia la meccanica”.

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