Un tetto sopra la testa, ma anche accoglienza, protezione, cura. Migliaia di bambini e ragazzi hanno trovato tutto questo nella Casa dell’Orfano di Ponte Selva. Un piccolo villaggio nel cuore della pineta di Clusone, animato dalla determinazione e dal carisma di monsignor Giovanni Antonietti. Una storia che continua, seppur in forme e modalità diverse, cento anni dopo.
La Casa dell’Orfano venne fondata e inaugurata il 24 giugno 1925. «Oltre ventimila ragazzi hanno trovato in questo luogo ospitalità, assistenza, istruzione, preparazione alla vita adulta e formazione spirituale e culturale – ha ricordato in apertura il giornalista Paolo Confalonieri, a cui è stato affidato il compito di condurre la giornata -. Un modello educativo pionieristico e unico nel suo genere, soprattutto in un periodo storico segnato dalle difficoltà economiche e sociali del dopoguerra. Oggi la casa dell’Orfano non solo custodisce questa straordinaria eredità, ma continua a valorizzarla attraverso numerose attività di conservazione, ricerca e promozione culturale. Le celebrazioni a cui diamo il via ufficialmente vedono promotori proprio gli organismi che si prendono cura di tutto questo. La Fondazione Casa dell’Orfano “Monsignor Giovanni Antonietti” presieduta da Attilio Fantoni, fondazione di diritto privato amministratrice dei beni, e l’associazione Ex Allievi e Amici di Monsignor Giovanni Antonietti, con a capo Luigi Rozzoni, che si occupa dell’attività di ricezione turistica della struttura.
La giornata è iniziata, al monumento dedicato ad Antonio Locatelli, con la cerimonia civile, aperta dall’inno nazionale e dall’alzabandiera con gli ordini impartiti dal capitano Maurizio Guadalupi, comandante della Compagnia carabinieri di Clusone. Sono seguiti i discorsi delle autorità, aperti e chiusi da Attilio Fantoni e Luigi Rozzoni.
«Questo villaggio di accoglienza per gli orfani di guerra è stato aperto il 24 giugno 1925 da monsignor Giovanni Antonietti, sacerdote cappellano militare durante la prima guerra mondiale, ospitando i primi quattro orfanelli – ha detto il presidente della Fondazione Casa dell’Orfano -. Per decenni la casa ha garantito vitto, alloggio ad una solida istruzione ed educazione a bambini sfortunati provenienti da tutta Italia. Negli anni la casa si è sviluppata fisicamente con la costruzione di nuovi padiglioni, attraversando i rilevanti cambiamenti dell’Italia del secolo scorso, senza mai tradire la sua vocazione educativa originaria nel rispetto dei valori morali e religiosi. Oggi potete ammirare parte del ricco patrimonio immobiliare storico e artistico dalla Casa dell’Orfano in buona parte derivante dal lascito del conte Giacomo Suardo. La quadreria e le sculture più importanti sono esposte fino a settembre al Mat, Museo Arte Tempo di Clusone, in una mostra dedicata al centenario».
«Vorrei evidenziare l’importanza delle persone – ha detto il presidente dell’associazione Ex allievi -. Ricordiamo don Antonietti, che ha fondato la Casa e l’ha guidata per cinquant’anni. Ma ricordiamo anche padre Arturo Spelgatti, che ha continuato l’opera per altri quarant’anni. Oggi, insieme ai volontari, con un po’ di fatica si cerca di garantire quotidianamente l’attività di ricettività della della Casa dell’Orfano in collaborazione con la Fondazione».
Hanno parlato anche l’europarlamentare Lara Magoni, il consigliere segretario dell’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale Jacopo Scandella, il consigliere provinciale Simone Tangorra, il presidente della Comunità montana Valle Seriana Giampiero Calegari, il sindaco di Clusone Massimo Morstabilini, il consigliere della sezione di Bergamo dell’Associazione nazionale alpini Francesco Brighenti, il vicepresidente vicario della Sezione di Milano Giorgio Cellerino, (sezione degli alpini particolarmente legata alla Casa dell’Orfano perché la struttura è stata sede consueta, fino al 2019, dell’adunata sezionale).
Alla cerimonia hanno partecipato gli ex allievi, provenienti anche dall’estero, da bambini e ragazzi ospitati alla Casa dell’Orfano e cresciuti grazie all’opera educativa di don Antonietti. Non mancavano gli alpini, a cominciare dal Gruppo di Clusone. Presenti, inoltre, i ragazzi etiopi ospiti in questi mesi in una delle strutture del complesso per un progetto di formazione.
Dopo la cerimonia, il corteo verso la chiesa di Cristo Re, accompagnato dalla fanfara Ana Ramera di Ponteranica. Prima della messa, presieduta dal vescovo di Bergamo Francesco Beschi, la deposizione di una corona e un momento di ricordo davanti alla tomba di monsignor Antonietti. «Una traccia di amore è scaturita dalla sua vocazione sacerdotale e dalla missione che egli ha compiuto, condividendo con tanti giovani il dramma della guerra e trasformando il dramma in una circostanza, in un’occasione, in una volontà di prossimità a coloro che dalla guerra sono stati privati dei propri cari, dei propri genitori», ha detto il vescovo. È seguita una preghiera di ringraziamento per monsignor Antonietti da parte dell’Associazione Ex Allievi e Amici: «Grazie per il tuo amore. Il tuo spirito vive ancora in questa casa e dentro il cuore dei tuoi allievi».




















