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Alberto Pellai: «I ragazzi non devono stare davanti a uno schermo, ma nel mondo reale»

«Abbiamo i peggiori indicatori di salute mentale che si siano mai visti in questo tempo della crescita e abbiamo moltissima fragilità», dice Alberto Pellai. Abbiamo intervistato il medico e psicoterapeuta, molto conosciuto per i suoi libri, a margine di un incontro che lo ha visto a Villa d’Ogna ospite della rassegna “Sguardi sul nostro tempo” organizzata da Evnt in collaborazione con l’Unità pastorale di Ogna, Villa e Nasolino. un appuntamento che ha visto al cineteatro Forzenigo diversi genitori ed educatori.

Alberto Pellai ha presentato il suo ultimo libro, scritto con Barbara Tamborini. Un volume dal titolo eloquente: “Esci da quella stanza, come e perché riportare i nostri figli nel mondo reale”.

«I nostri ragazzi sono la prima generazione che entra in preadolescenza e improvvisamente si trova ad abitare due vite: la vita reale e la vita virtuale», dice Pellai nell’intervista rilasciata ad Antenna2. Un’amplificazione del vivere che, contrariamente alle aspettative iniziali, non ha portato vantaggi, ma una fragilità senza precedenti.

Il titolo del libro racchiude un imperativo urgente: «Bisogna riportare i nostri figli dentro al mondo reale e bisogna fare in modo che il mondo virtuale non rappresenti un campo magnetico in cui entrano facendo tutto lì dentro e dimenticandosi che la vita reale, la vita vera sta fuori dalla stanza».

Molti genitori si sentono impotenti di fronte all’uso compulsivo di smartphone e videogiochi dei propri figli. Pellai spiega il perché con parole chiare: «Il genitore si sente impotente perché in casa è arrivato qualcosa che genera dipendenza e il genitore non è un esperto di detox. Il genitore sa fare l’educatore, ma non sa fare il clinico che poi riabilita da una dipendenza».

Il meccanismo è neurologico. «Il mondo online attiva dentro il funzionamento della mente di un bambino, di una bambina e dei preadolescenti i circuiti dopaminergici. Sono proprio i neuroni che producono la dopamina, che è una sostanza che ti fa sentire gratificato, eccitato, a costo energetico zero. Quando la produci, però, ti dà l’ordine di non smettere di fare la cosa che l’ha fatta produrre».

Il risultato è drammatico: «I figli, quando gli dici ‘Adesso basta videogiocare, adesso basta scrollare, adesso è ora di andare a dormire’, in realtà non sanno rispondere in modo positivo a questo invito del genitore. Anzi, diventano molto aggressivi, molto irrequieti, ci mostrano una sorta di vera e propria crisi di astinenza».

La strategia principale, secondo Pellai, è ritardare l’ingresso nel mondo digitale. «La ricerca ci dice che il possesso di uno smartphone ad uso personale dovrebbe avvenire dopo la fine delle scuole medie inferiori. L’iscrizione a un social media non dovrebbe avvenire prima dei 16 anni».

Ma servono anche alternative concrete: «Come adulti dobbiamo facilitare il più possibile l’incontro, il contatto tra bambini e bambine e ragazzi e ragazze. E poi devono giocare non davanti a uno schermo, ma nel mondo reale: cortili, parchi, rimettere il gioco libero dei bambini al centro della loro vita».

Il primo errore che i genitori devono eviare? «Usare lo schermo dello smartphone o di un tablet per tenere tranquillo un bambino in un momento in cui il bambino sta attraversando un tempo vuoto, uno spazio di frustrazione», come quando «sei in coda alla cassa dell’ipermercato o stai facendo un viaggio di un’ora e siccome il bambino si annoia, la prima cosa che gli viene data in mano è lo schermo».

«Questo è pericoloso perché il bambino deve imparare ad affrontare la noia e la frustrazione», avverte Pellai. Altrimenti si innesca un circolo vizioso: «Ogni volta che il bambino sente un minimo disagio automaticamente vorrà lo strumento che glielo fa togliere». E le conseguenze si vedono nelle attività abbandonate: «Leggere un libro, giocare con un pupazzo, fare i mattoncini della Lego. Sono cose che vengono progressivamente dismesse perché se in mano hai uno stimolatore sempre acceso, così potente, così eccitante, tutto il resto della vita e del mondo ti sembra lentissimo, noioso».

Pellai mette in guardia anche sull’uso dei device per lo studio. «Ci troviamo improvvisamente nella posizione di Pinocchio che viene mandato a scuola, ma viene avvicinato da Lucignolo che gli dice ‘Vieni con me nel paese dei balocchi’. Mentre stai andando a scuola vieni portato da un’altra parte»

«Le notifiche dei social media, delle community multiplayer, portano il bambino che sta studiando, il ragazzo che sta studiando nel paese dei balocchi e diventano automaticamente un grande distrattore. Soprattutto lo disabituano all’attenzione, alla concentrazione, alla focalizzazione sul compito che sono prerequisiti per il successo scolastico».

L’intervista completa:

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